La quasi caduta del governo Draghi è una jattura. E ancora di più le assai probabili elezioni. Uno scenario che doveva essere evitato. I killer sono stati più di uno, anche se a cominciare la sparatoria è stato Conte. E benché i leader avessero già cominciato a stendere le liste elettorali, le urne finiscono per cogliere loro di sorpresa, costretti a rivedere le strategie, se ne avevano una, oppure a dotarsene. E magari anche a scrivere un programma: altrimenti perché chiedere il voto agli italiani? Lo schieramento che, in teoria, appare il più lesto è quello di centro-destra, da ribattezzare destra-centro, visti i rapporti di forza, almeno sul piano dei sondaggi. È pronto perché una sua parte, Fratelli d'Italia, è da sempre all'opposizione, perché ha ritrovato una certa unità, con la decisione di Lega e di Forza Italia di non seguire Draghi (e di contribuire in qualche sorta a farlo cadere). Resta il fatto che tale unità, favorita anche dai sondaggi favorevoli, è assai più di facciata di quanto non sia. Che, in caso di vittoria, a guidare il governo sia Giorgia Meloni non è dato per scontato né da Berlusconi né tanto meno da Salvini. Ma questi sono problemi che si porranno una volta vinte le elezioni, se accadrà. Drammatica appare invece la situazione del Pd. Anche se Letta cercherà di far cadere la responsabilità della caduta di Draghi sul centro destra, sarà difficile nascondere che, appunto, la sparatoria è stata cominciata da Conte. Con quale argomentazioni potrà proporlo come alleato in campagna elettorale? D'altra parte, senza allearsi con i 5 stelle, buona parte dei collegi uninominali finiranno al destra-centro: sconfitta certa. Il Pd ha davanti a sé però altre strade, anche se il tempo è scarso: lasciare al loro destino i 5 stelle, stringere un patto con le forze di centro, cioè Renzi e Calenda, condurre una campagna elettorale selezionando i candidati, legati al territorio ma non espressione di una vecchia classe politica, evitare di utilizzare argomenti sterili come la minaccia del fascismo. Ancora più ambiziosa, l'idea di costituire il Pd stesso un campo Draghi: non certo candidando l'ormai ex premier, ma promettendo che, in caso di vittoria, sarà lui a guidare il governo. E in un certo modo intestarsi il lascito, indubbiamente positivo, dell'esecutivo, che invece il destra-centro farà fatica a rivendicare. Quanto a Conte e ai 5 stelle, nel caso non venissero imbarcati dal Pd, il loro destino sarà un ritorno alle origini, con Dibattista e Raggi però.
Anche se discreditata, l'antipolitica, che nessuno dei due poli potrà incarnare, potrebbe riservare ancora qualche appeal. La situazione insomma è aperta, come sempre ma soprattutto in questo caso, eccezionale, di campagna sotto l'ombrellone.
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