"Chi sta al Colle non può guidare il Paese. E se il voto segreto silurasse il premier..."

Il costituzionalista: Draghi si dimetterebbe subito e sarebbe un disastro

"Chi sta al Colle non può guidare il Paese. E se il voto segreto silurasse il premier..."

C'è da finire il lavoro iniziato: dai saloni del Quirinale questo non sarebbe possibile. «Sarebbe un garbuglio senza precedenti e un'operazione non in linea con la nostra Costituzione». Alfonso Celotto, costituzionalista, professore a Roma3, è categorico: «Chi accredita l'idea che Draghi possa guidare il Paese prendendo il posto di Mattarella va contro la realtà. Draghi potrebbe dare impulso e prestigio al Paese, ma il ponte di comando è a Palazzo Chigi e solo lì. Basta riflettere sul fatto che il presidente della Repubblica non può partecipare al Consiglio dei ministri che coordina e decide l'azione del governo».

Professor Celotto, ma molti sostengono che Draghi potrebbe tenere anche al Quirinale il timone, portando di fatto il nostro paese verso un assetto semipresidenziale. Sbagliano?

«Nessuno nega l'autorevolezza di Draghi, ci mancherebbe. Ma la nostra repubblica è parlamentare, non presidenziale. Poi, certo un presidente così stimato come Draghi finirebbe per mettere in ombra il suo successore a Palazzo Chigi. Potremmo avere un presidente forte e un premier debole, ma questo aumenterebbe i problemi».

Draghi non potrebbe essere il nostro ambasciatore nelle cancellerie che contano?

«Draghi è già stato incoronato dall'Economist e dal Financial Times a Palazzo Chigi e sta seguendo un percorso preciso».

Anzitutto pandemia e Pnrr?

«Appunto. È chiaro che le sue idee e i suoi consigli potrebbero funzionare anche da un'altra postazione, ma in questo momento è il premier ed è il capo dell'esecutivo che detta il metronomo della lotta al Covid e la corsa contro il tempo per completare le riforme legate al Pnrr e gestire i miliardi in arrivo dall'Europa».

Un compito gigantesco.

«E infatti non si capisce perché introdurre elementi di instabilità nel sistema, pilotando il presidente del consiglio verso il Quirinale. E immaginando in modo creativo, per non dire fantasioso, una seconda stagione nel suo segno. Mi pare fuori dai canoni e dalla correttezza istituzionale».

È appena stato prolungato lo stato di emergenza. Questo cambia qualcosa?

«Questo renderebbe ancora più problematico il trasloco di Super Mario e la ragione mi pare evidente: lo stratega della guerra al virus non può lasciare mentre la battaglia è in corso. Neppure se va al Quirinale».

Insomma, il Colle non fa per l'attuale premier?

«Mi pare che i tempi delle legittime aspirazioni non coincidano con quelli del Paese. Qualcosa, e più di qualcosa, stride. E le sorprese potrebbero non finire qui».

A che cosa si riferisce?

«Ci sono precedenti illustri di leader autorevoli impallinati nel momento decisivo dai franchi tiratori. Tutti abbiamo ancora in mente i 101 voti mancanti a Prodi. Fu per questa ragione che nel 1946 Benedetto Croce si chiamò fuori dalla corsa al Quirinale, pur essendo il candidato naturale alla Presidenza della repubblica. Aveva paura di essere silurato dal voto segreto e lasciò campo libero a De Nicola».

Draghi non pare avere timore della sfida.

«Ma il risultato è imprevedibile e se dovesse essere bocciato sarebbe un disastro. Un minuto dopo, Super Mario si dimetterebbe sicuramente anche da premier».

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