Chi teme la verità sulla gestione del Covid

Mascherine, zona rossa e piano pandemico: nel mirino Conte e Speranza

Chi teme la verità sulla gestione del Covid

Ci sono a ieri 178.753 morti di Covid. Nonostante misure dolorose e restrittive ma necessarie come lockdown, green pass e vaccinazione obbligatoria. Sono quasi tremila per milione, numeri da capogiro, da Paese di Terzo Mondo o quasi. La commissione d'inchiesta sulla gestione della pandemia e lo scandalo sulle mascherine annunciata dalla premier Giorgia Meloni («lo si deve a chi ha perso la vita mentre altri facevano affari milionari sulle mascherine», ha detto a Montecitorio) non renderà giustizia ai morti, né lo faranno le inchieste della magistratura di Bergamo sulla mancata zona rossa o quelle di Roma, Forlì e Gorizia sui dispositivi di protezione con cui siamo andati in giro, convinti di essere protetti. Ma sarà il primo momento di verità dopo un mare di bugie e omissioni da parte di chi ha governato (male) questo Paese durante la pandemia, dopo le troppo altalenanti dichiarazioni di sedicenti virologi e le spregiudicate ricostruzioni complottiste sparate sui social per raggranellare vuoti consensi.

No, troppe cose non tornano nella narrazione che una classe politica, oggi confinata in ordine sparso all'opposizione, ci ha raccontato. Fa male sentir dire «non sono stati fatti errori gravi», come fa Agostino Miozzo, coordinatore del primo Cts, perché è come elemosinare una sorta di alibi preventivo, una illusoria manleva al grido «non potevamo saperlo». Siamo nell'era del Rischio, come dicono gli esperti di Kelony, dove tutto si può prevedere. La balla della tragica fatalità non regge più. Soprattutto davanti a una sfilza di questioni irrisolte, che hanno una firma e un'impronta digitale appiccicata sopra.

Ne citiamo alcune, che Il Giornale ha sollevato da tempo, sperando che siano d'aiuto a chi presiederà la commissione, che sia Fdi, Italia viva o chiunque altro si è battuto per la verità.

Perché il ministero della Salute, il Cts e l'Oms hanno tramato (lo dicono le carte in mano ai pm di Bergamo) per occultare il report indipendente che denunciava la mancata applicazione del piano pandemico? Perché la zona tra Alzano e Nembro non è stata chiusa subito? Esiste un nesso causa-effetto tra la mancata chiusura e 2mila-4mila morti evitabili, come dice il parere del neo deputato Pd Andrea Crisanti consegnato ai pm? Sulla base di quali informazioni il ministro della Salute Roberto Speranza nel suo libro Perché guariremo (sparito dalla circolazione) dice che a novembre già circolavano notizie del Covid, tanto da essere sorpreso che il ministro della Salute cinese a quel tempo non fosse preoccupato? Perché la terapia domiciliare è stata inchiodata alla «tachipirina e vigile attesa», ricetta rivelatasi scientificamente financo dannosa ma pervicacemente difesa davanti a Tar e Consiglio di Stato dallo stesso Speranza, di cui Enrico Letta è «orgoglioso»? Perché alcune delle mascherine comprate dal commissario Domenico Arcuri si sono rivelati farlocche o contraffatte? E perché qualcuno le ha fatte sdoganare nonostante già da aprile 2020 alcuni funzionari delle Dogane avessero avvisato i vertici che fosse inservibili e pericolose, sebbene avessero le validazioni di Inail e Istituto superiore di Sanità? Perché alcune interpretazioni delle norme attraverso atti amministrativi discutibili hanno garantito la conformità di questi prodotti, vietando persino di fare segnalazioni alle Procure? Perché il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che aveva la delega sui nostri 007, ha ritenuto di potenziare la dotazione in forze dei servizi segreti alle Dogane? E a cosa è servita, se poi le mascherine farlocche sono passate indenni, persino quelle prese dalla Protezione civile nel Lazio governato dall'ex segretario Pd Nicola Zingaretti? O dei respiratori fallati, comprati dalla Fondazione cinese di Massimo D'Alema? Davvero non sono stati fatti «errori gravi»?

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