La Cina come i talebani fa sparire da Hong Kong la statua di Tienanmen

Via dall'università il "Pilastro" che ricorda il massacro di regime. Rischia la distruzione

La Cina come i talebani fa sparire da Hong Kong la statua di Tienanmen

Continua senza sosta l'opera di «normalizzazione» di Hong Kong ordinata dal leader comunista cinese Xi Jinping dopo le proteste di massa del 2019. Anche il cosiddetto «Pilastro della Vergogna», la statua che da 24 anni si ergeva nel campus dell'Università per commemorare le vittime del massacro di piazza Tienanmen a Pechino del giugno 1989, è stata rimossa. La statua in rame, alta otto metri, rappresenta plasticamente l'orrore di quella strage, e raffigura cinquanta volti stravolti in un groviglio di corpi torturati. L'autore, l'artista danese Jens Galschiot, ha espresso il suo «assoluto choc» per l'accaduto, ma davvero non si può parlare di una sorpresa: da quando, il 1° luglio 2020, è entrata in vigore a Hong Kong la draconiana legge sulla sicurezza nazionale che vieta ogni minimo accenno di critica al regime, la governatrice Carrie Lam non ha fatto che attuare gli ordini dei suoi padroni e cancellare passo dopo passo gli elementi di democrazia che distinguevano l'ex colonia britannica tornata sotto sovranità cinese il 1° luglio 1997 dal resto della Repubblica Popolare. Le manifestazioni sono state proibite con il pretesto dell'emergenza sanitaria, i leader democratici incluso il famoso capo studentesco Joshua Wong sono stati arrestati e condannati al carcere, i giornali indipendenti sono stati chiusi e i loro editori a loro volta arrestati e incarcerati, la legge elettorale è stata cambiata per cancellare ogni parvenza di opposizione.

É stato anche chiuso il museo dedicato alle vittime del giugno 1989 e sono finiti in galera i dirigenti della Hong Kong Alliance in Support of Patriotic Democratic Movements in China, l'associazione che ogni anno organizzava la manifestazione per Tienanmen e a cui Galschiot aveva donato la sua opera nel 1997. Mancava quasi solo l'eliminazione della statua commemorativa degli studenti cinesi pro democrazia. E a farla smantellare ha provveduto nel corso della notte - la stessa Università che la ospitava, che in una nota ha spiegato di aver dovuto agire così «sulla base di un parere legale esterno, valutando il rischio per il miglior interesse dell'ateneo». Una volta rimossa, la statua è stata montata su un container e trasportata in un magazzino, dove verrà custodita «mentre l'Università cercherà un parere legale per qualsiasi azione appropriata in seguito».

Questo anche perché Galschiot, che valuta la statua 1,4 milioni di dollari, aveva chiesto alle autorità di Hong Kong un'esenzione dalla famigerata legge sulla sicurezza per potersi presentare a recuperare la sua opera e riportarla in Europa (non è chiaro se abbia ottenuto risposta), promettendo al tempo stesso di chiedere un indennizzo qualora la statua venisse danneggiata. Anche se c'è chi si dice certo che lontano da sguardi indiscreti la statua verrà distrutta.

Normalizzazione a vele spiegate dunque, con relativo spiegamento dell'immancabile propaganda menzognera. Dopo aver diffuso un incredibile «libro bianco» dedicato ai «sinceri sforzi profusi per la democrazia a Hong Kong», il regime di Pechino ha ritenuto opportuno manifestare il suo pieno apprezzamento alla governatrice della città per il lavoro svolto.

Il presidente Xi ha elogiato le recenti elezioni per il rinnovo del Parlamento, che hanno attuato «il principio dei patrioti che governano Hong Kong stabilendo un modello politico di partecipazione ampia ed equilibrata di tutti i settori della società». Laddove «patrioti» significa, ovviamente, fedeli al regime comunista: gli altri sono stati fatti accomodare in carcere.

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