“Non esiste al mondo una legge, nemmeno in Paesi efficienti e ben organizzati amministrativamente, che sia in grado di creare posti di lavoro. Una legge può servire ad aiutare le imprese a trovare i lavoratori di cui hanno bisogno e a favorire un mercato basato sul merito e sulle competenze reali delle persone. Il Jobs Act e il contratto a tutele crescenti mirano a questo, non a creare occupazione”.
È fuori discussione l’onestà intellettuale del professor Maurizio Del Conte, giuslavorista e presidente dell’Anpal (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro), considerato il “papà” della riforma del lavoro nata in Italia tra il 2014 e il 2015: Jumpstart Our Business Startups Act, letteralmente legge di finanziamento delle piccole imprese. Un atto di Barack Obama, mutuato dai democratici di casa nostra con una sigla acronimo diventata di uso comune: il famoso (o famigerato) Jobs Act.
Onestà per onestà, partiamo dalle fonti. Le cifre attendibili che indicano lo stato di salute del mondo del lavoro in Italia sono fornite dall’Istat. Perché l’Istituto di statistica è in grado di indicare quante persone che prima erano disoccupate hanno poi trovato un impiego.
Chi sono e quanti sono i disoccupati, professore?
“I disoccupati costituiscono oggi l’11,3% (nel 2015 erano l’11,9%, nel 2014 erano il 12,7%, ndr) della popolazione italiana in età da lavoro, dai 15 ai 64 anni. Il che non significa che abbiamo l’89% di occupazione, che invece in Italia è poco al di sotto del 60%. Questo perché ci sono anche persone che non hanno mai cercato un lavoro o che hanno smesso di cercarlo, per esempio. O coloro che accudiscono i familiari in casa percependo altri redditi o che svolgono lavoro casalingo non retribuito”.
Il Jobs Act come ha influito sull’occupazione?
“Dal 2015, anno di entrata in vigore del Jobs Act, ai primi tre mesi del 2016 sono stati attivati circa 770mila contratti a tempo indeterminato in più rispetto al 2014”.
E a quanti nuovi occupati corrispondono?
“Circa 80.000 lavoratori in più rispetto al 2014. Il Jobs Act ha ridotto la forbice tra tutelati e non tutelati. Ha reso conveniente l’assunzione a tempo indeterminato, con la combinazione tra contratto a tutele crescenti e sgravi contributivi sulla singola assunzione”. (ndr: per il Jobs Act sono stati stanziati e in parte spesi 18 miliardi di euro per il periodo 2015-2017. A conti fatti, considerando una spesa di 6 miliardi all’anno, ogni nuovo lavoratore occupato è costato 75.000 euro alle casse dello Stato)
Quindi il Jobs Act punta soprattutto a far emergere il lavoro nero?
“Certo, la lotta al precariato è la prima missione di quest’impianto di leggi. Infatti in giro si parla molto meno di cocopro, di cococo e delle altre sigle tipiche della giungla del lavoro in Italia”.
E allora il boom dei voucher come si spiega? 31,5 milioni venduti a 10 euro l’uno con un aumento del 45% rispetto ai primi tre mesi del 2015. Non è una “bolla” rischiosa per il mondo del lavoro?
“Il voucher serve a far emergere il lavoro nero, va a operare su rapporti di lavoro occasionali, i cosiddetti lavoretti. Le ore lavorate, non i lavoratori attenzione, coperte dai voucher sono 31 milioni e mezzo, un numero eccessivo. Anche perché una parte forse copre altro “nero”. Per esempio a volte il datore di lavoro compra il voucher, non lo utilizza e se lo fa rimborsare. Come se uno prendesse il tram senza timbrare il biglietto; se arriva il controllore e mostro un biglietto non timbrato, comunque la multa me la fa. Stiamo pensando a un voucher non riutilizzabile, obbligando il datore che lo utilizza a timbrarlo, proprio come il biglietto del tram”.
Professore, ha detto che toglierà la Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, l’indennità di disoccupazione) ai disoccupati che rifiuteranno un lavoro “congruo”. Che significa?
“Il disoccupato per accedere alla Naspi deve dichiarare di voler mettersi immediatamente a disposizione del sistema dei centri per il lavoro per una sua ricollocazione. L’offerta di lavoro congrua alle competenze e al percorso passato non può essere rifiutata, pena la perdita della Naspi. Un impiegato di banca rimasto senza lavoro, ovviamente, non può diventare dipendente di un’impresa di pulizie. Ma nemmeno pretendere un altro impiego esclusivamente in banca”.
Il rischio di un precipizio sociale c’è. In Germania ci sono falle evidenti da questo punto di vista…
“Dobbiamo evitare questi rischi, con un’analisi precisa della congruità di un’offerta di lavoro. In Germania c’è stata l’esplosione incontrollata dei mini-jobs, in Italia il sistema vuole offrire un lavoro coerente con la professionalità del disoccupato”.
Ha detto che l’Anpal di cui è presidente assumerà personale. Di quanti lavoratori stiamo parlando?
“Sono presidente, senza percepire compenso ovviamente, di un ente che ancora non esiste. Spero che entro giugno termini l’iter normativo e burocratico per rendere operativa l’agenzia. Solo allora potremo procedere alle varie assunzioni, 200 persone per la struttura a Roma, che andranno ad aggiungersi al personale già in servizio. Si tratta dei 1.200 di Italia Lavoro e dei circa 10.000 che costituiscono la rete dei servizi per l’impiego, gestita dalle Regioni”.
Tono pacato, riflessivo, di ragionamento, ma il professor Del Conte non è in
un’aula universitaria davanti ai suoi studenti. Quella del lavoro, in Italia, più che una cattedra è una trincea. Roba da partita a scacchi, da guerra di posizione. Di fronte è schierato un esercito di 3 milioni di disoccupati…- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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