Quando si intraprende un cammino bisogna stare attenti a tre cose: aver sempre una scorta d'acqua, indossare scarpe comode e possibilmente non nuove, non eccedere nei pesi che finiscono nello zaino, altrimenti son dolori. Così il consiglio di portarsi una copia della Divina Commedia per percorrere il sentiero che unisce Ravenna a Firenze può sembrare quanto meno fuori luogo. Ma così non è. Perché non c'è nulla di meglio che leggere qualche Canto della Commedia nelle terre in cui è stata scritta, seguendo letteralmente i passi del poeta lungo le strade del suo esilio, che è quello che invita a fare il Cammino di Dante.
Si tratta di un lungo e affascinante percorso ad anello tra Romagna e Toscana. Un viaggio che parte dal tempietto neoclassico nel centro di Ravenna, che da un paio di secoli ospita la tomba di Dante; e poi attraversa le vallate forlivesi toccando Brisighella e Marradi, e si arrampica sull'Appennino entrando in Val di Sieve, nel Mugello, e dopo Pontassieve scende a Firenze, facendo tappa al museo Casa di Dante, a un passo dal Duomo.
Da qui, una volta reso il giusto omaggio al Sommo poeta, il percorso torna verso il mare entrando nel territorio maestoso e silenzioso del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, dove si cammina tra faggete enormi e eremi medievali come Camaldoli. Si scavallano gli Appenini sul passo della Calla, fermandosi a dormire al rifugio Forlì a 1452 metri d'altezza sui Prati della Burraia, per poi scendere nel cuore di quella che per secoli era conosciuta come Romagna Toscana: geograficamente Romagna pedemontana, amministrativamente parte del Granducato prima e della provincia di Firenze poi, fino a quando era il 1923 Mussolini, che era della zona, non la ricongiunse a Forlì. Qui si attraversano borghi piccoli dal vivo sapore medievale, tra colline coperte di boschi e improvvise aperture verso la pianura coltivata, toccando Comuni dai nomi affascinanti, come Premilcuore e Portico di Romagna, Dovadola e Castrocaro/Terra del Sole, prima di ridiscendere in piano e instradarsi, seguendo i rivali dei torrenti, verso Ravenna.
Un percorso non sempre facile, da fare tra aprile e ottobre perché si toccano quote alte. Un percorso per cui bisogna organizzarsi per tempo, chiedendo la credenziale e le tracce Gpx, più che altro perché in alcune tappe è difficile trovare da dormire, poiché specie in quelle centrali ci sono pochi B&b e giusto una manciata di hotel. Non facile anche perché, nonostante il tracciato sia stato pensato cercando di seguire sempre il crinale delle montagne, i saliscendi non mancano e i sentieri non sono tanto frequentati. Si fatica dunque, e non potrebbe essere altrimenti, però chilometro dopo chilometro si è ripagati da un viaggio lento che attraversa territori poco battuti, non solo dai camminatori, ma proprio dal turismo, quasi che ci si fosse dimenticati di quanta storia e quanta bellezza alberghi in queste vallate di media montagna a cavallo tra Toscana e Romagna.
Meno male che a inventare il Cammino di Dante ci hanno pensato alcuni visionari amanti del proprio territorio, che nel 2012 hanno fondato un'associazione no profit che univa la categorie apparentemente eterogenee degli appassionati di trekking e degli studiosi della Divina Commedia. Così, come spesso accade, anche il Cammino di Dante è frutto del lavoro volontario di un manipolo di persone di buona volontà che lo hanno pensato (l'idea è di Giordano Bezzi), disegnato, mappato, segnalato e ancor oggi si occupano della manutenzione e della promozione, collaborando con le amministrazioni locali, ma mettendoci molto del loro.
Ne è uscito un percorso che pur non essendo storico ha una sua coerenza filologica. Per idearlo sono stati chiamati dantisti, geografi e storici locali, così il Cammino è stato tracciato seguendo la rete viaria del Duecento, confrontandola con quel che Dante scrive nella Commedia che è infarcita di riferimenti topografici assai precisi e adattando il tutto quel tanto che basta alla viabilità attuale, in modo da evitare il più possibile di far percorrere ai camminatori strade asfaltate. Il percorso è diviso in 20 tappe (più una tutta ravennate che accompagna alla scoperta dei luoghi danteschi tra la città e la pineta), che misura oltre 400 chilometri, con tante deviazioni per inserire nel cammino tappe di rilevanza dantesca. Così una Divina Commedia nello zaino torna utile, ma se non la si vuole portare poco male: qui e lì nel «mezzo del cammin» sono stati posizionati cartelli che citano le terzine dantesche che si riferiscono ai diversi luoghi attraversati, e ce ne sono tanti. Uno su tutti, alle cascate dell'Acquacheta, citata nel canto XVI dell'Inferno: una cascata che «rimbomba là sovra San Benedetto/ de l'Alpe per cadere ad una scesa/ ove dovea per mille esser recetto». Un posto naturalisticamente tra i più belli lungo il percorso: si trova nel territorio del Comune di S. Benedetto in Alpe, a pochi chilometri dal passo del Muraglione. A tratti si calpesta un basolato di epoca medievale, sovrastati dal rumore dell'acqua del torrente, attraversando un bosco di abeti rossi e carpini che in certi punti cede il passo a una maestosa faggeta, fitta fitta, ricca di piante secolari che devono aver fatto ombra anche a Dante.
Perché siamo su quel tratto di strada nella valle del Montone che il poeta fiorentino deve aver percorso più volte per andare a Ravenna, prima per ambascerie e poi per il definitivo esilio. Anzi, può anche essere che in questo suo camminare proprio da queste parti abbia incontrato la sua Beatrice.
Signore di queste terre era infatti il Portinari, padre di Beatrice che potrebbe aver vissuto qualche tempo a Portico, dove ancora c'è palazzo Portinari. Mentre è certo che Dante sia passato di qui nel 1301, dove avrebbe dunque potuto veder la sua musa. Quante cose che si imparano camminando...
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