Commissioni, giallorossi ko due volte

Trombati Grasso (Leu) e Lorefice (M5s). Ira Meloni per la risatina del premier

Commissioni, giallorossi ko due volte

Mentre alla Camera Conte incassa la sospirata proroga (con diversi paletti posti dalla maggioranza) dello stato di emergenza, la coalizione giallorossa va in tilt sui posti.

L'accordo sul rinnovo delle commissioni fa saltare il capogruppo del M5S alla Camera Davide Crippa. Secondo quanto riferiscono fonti grilline al Giornale, è pronta una lettera per chiedere l'elezione di un nuovo capogruppo e la sostituzione dei componenti (Francesco Silevstri e Riccardo Ricciardi) del direttivo. L'accusa è di aver concluso un accordo al ribasso con Pd e Iv: i Cinque stelle perdono tre commissioni a Montecitorio. E soprattutto ne incassano solo una economica. Al Senato la maggioranza va sotto: nella commissione Agricoltura viene confermato il presidente uscente Gianpaolo Vallardi della Lega anzichè un grillino. E persino l'ex presidente del Senato Grasso viene trombato e alla guida della Commissione Giustizia resta il leghista Ostellari. L'incidente ha subito conseguenze a livello di governo con il titolare della Salute, Roberto Speranza che in serata lascia palazzo Chigi a Consiglio dei ministri in corso non nascondendo il suo disappunto per la mancata nomina del collega di partito.

Alla Camera invece per eleggere Luigi Marattin hanno dovuto sostituire d'imperio i membri della commissione Finanze. E tra i parlamentari grillini nel pallone circolano sospetti di tradimento verso i dirigenti che avrebbero ceduto ambite cadreghe per «aprirsi un credito personale con il Pd». Intanto alla Camera passa il nuovo stato di emergenza, con 286 sì contro 221 no e cinque astenuti, e poi viene varato in serata dal Consiglio dei ministri, che stavolta ha atteso la pronuncia del Parlamento prima di decidere. Mentre Salvini già annuncia ricorsi alla Consulta contro la «usurpazione del Parlamento». I toni di Conte, che erano stati prudenti e pacati in Senato, si sono fatti più aggressivi e di sfida alle opposizioni alla Camera, accusate di «creare confusione» nella pubblica opinione sovrapponendo emergenza e lockdown: «Non è affatto così, non ci saranno misure più restrittive, basta attribuire intenzioni false al governo». La linea difensiva di Conte rispetto alle accuse del centrodestra è chiara: «La proroga non lede la nostra immagine all'estero», se mai è la «drammatizzazione» del dibattito politico che potrebbe «creare nocumento al Paese». Il governo estende l'emergenza, assicura, solo a scopi «organizzativi» e «non certo per assumere atteggiamenti repressivi o di repressione del dissenso».

Dal centrodestra gli replica una assai veemente Giorgia Meloni, che accusa Conte di «deriva liberticida»: lo stato di emergenza «vi serve per consolidare il governo e fare quello che volete senza controlli. E non rida perché non c'è niente da ridere». Ricorda Sisto di Forza Italia: «La legge sullo stato di emergenza parla chiaro: è possibile solo al verificarsi di una situazione critica, non nella prospettiva che questa possa concretizzarsi: fatta così è una ignominia».

Gli risponde dal Pd Stefano Ceccanti, ispiratore dei rigidi paletti imposti dalla risoluzione di maggioranza al premier per delimitarne i poteri, e assai mal digeriti a Palazzo Chigi: «Questo stato di emergenza non è comparabile al precedente: avrà tempi brevi e certi, assoluta preminenza delle norme primarie e non dpcm, limitazioni territoriali e di contenuto molto precise». Quindi «il Parlamento non dovrà più subire le forti limitazioni di questi mesi, che hanno rafforzato elementi patologici come il monocameralismo casuale».

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