Le condoglianze in ritardo (e il sollievo) di Pechino

Il messaggio di Xi dopo 24 ore, l'ex premier nipponico in Cina era ritenuto un nemico giurato

Le condoglianze in ritardo (e il sollievo) di Pechino

In questo momento, essere superati in umanità da Vladimir Putin non è un'impresa facile. Eppure la Cina ci è riuscita. Mentre il presidente russo ha espresso il suo cordoglio per l'uccisione dell'ex premier giapponese Shinzo Abe subito dopo l'attentato, il messaggio del presidente cinese Xi Jinping è arrivato a quasi 24 ore dall'attentato. Ultimo di tutti i leader mondiali. «Sono profondamente addolorato per la sua morte improvvisa. In passato ho raggiungo un accordo importante con lui sulla costruzione delle relazioni Cina-Giappone», ha scritto Xi in un messaggio indirizzato al primo ministro giapponese Fumio Kishida. Un messaggio formale, inevitabile, che a molti è parso quasi forzato. Del resto è rimasta nella storia la gelida stretta di mano tra Abe e Xi al summit Apec di Pechino del 2014. E i perché di questa tensione nemmeno troppo nascosta nascono da lontano e sono figli di una tensione latente da tempo.

Non è un caso infatti che in molti in Cina abbiano festeggiato la scomparsa di Abe. La sua politica estera infatti, è stata incentrata sul contrasto all'ascesa cinese, rilanciando a più riprese il rischio di un'egemonia economica e politica del Paese. Inoltre, se da una parte la linea di Abe è stata volta alla ricerca di un dialogo costruttivo con Pechino, anche se con fortune alterne, dall'altra è sempre stata connotata da una forte alleanza con gli Stati Uniti. Tanto da supportare l'idea di ospitare armi nucleari statunitensi e di sottoscrivere con gli Usa un accordo di «nuclear-sharing» simile a quello della Nato, anche per contrastare direttamente uno sviluppo della Cina. Ma non solo. Abe si espose in prima persona a favore della libertà di Taiwan, invitando Usa e Giappone a difendere l'isola in caso di invasione della Cina, fumo negli occhi per Pechino e il suo regime. Da non sottovalutare nemmeno la forte presa di posizione di Abe nel tentare di superare il pacifismo costituzionale nipponico seguito alla seconda guerra mondiale. Ma ad alimentare le tensioni anche la disputa territoriale per il controllo delle isole Senkaku, nel Mar Cinese Orientale ma anche questioni più teoriche e spirituali che geopolitiche.

Più volte nel corso del suo mandato infatti, Abe era finito nel mirino cinese per le sue visite al santuario Yasukuni di Tokyo, dedicato ai soldati caduti mentre servivano l'Impero giapponese. Molti di questi infatti, sono tutt'ora considerati in Cina criminali di guerra e queste visite sono state interpretate come una palese provocazione nei confronti dell'ingombrante vicino.

Quasi impossibile pensare a un possibile riavvicinamento.

La stessa politica del recente passato adesso portata avanti dal premier in carica Kishida, esponente dello stesso partito. Il cordoglio ritardato e di facciata dopo la morte di Abe è la dimostrazione che la tensione tra i due Paesi rimane alta. Non c'è lutto o tragedia che tenga.

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