La confessione di Said: "Volevo uccidere un giovane italiano"

Il killer di Roberto Leo ai pm: "Fosse stato anziano non avrebbe fatto scalpore"

La confessione di Said: "Volevo uccidere un giovane italiano"

Torino - «Era italiano, giovane e felice. Quindi l'uomo giusto per essere ammazzato». Sono queste le agghiaccianti parole di Said Machaouat, 27 anni, italiano ma originario del Marocco, residente a Torino, per spiegare agli inquirenti perché quella maledetta mattina del 23 febbraio ha ucciso Stefano Leo, 37 anni di Biella, mentre si stava recando al lavoro in un negozio in centro città. «L'ho visto, mentre camminava spensierato ed il viso sorridente, cosi mi sono detto: eccolo, è lui - ha proseguito Said nella sua delirante confessione -. Ero seduto su una panchina lungo il Po e appena l'ho guardato, ho deciso di ammazzarlo. Ho voluto colpire un bianco, basandomi sul fatto ovvio che giovane e italiano avrebbe fatto scalpore. Mi bastava che fosse italiano, uno giovane, più o meno della mia età, che conosce tante persone con le quali va a scuola, che ha due genitori che si preoccupano per lui. Se fosse stato un vecchio, non avrebbe fatto altrettanto scalpore, ma soprattutto doveva essere un italiano e così l'ho sgozzato».

Cercava un giovane italiano da uccidere, Said, simbolo di tutto ciò che lui non era e non aveva. Eppure lui aveva avuto dalla vita una grande possibilità, gettata al vento diventando uno sbandato prima ed un assassino poi. Nato a Khourigba in Marocco ma naturalizzato italiano a seguito di una adozione da parte di una famiglia torinese, fino a qualche anno fa era un ragazzo come tanti: la scuola alberghiera che, anche se non finita gli aveva insegnato le basi per essere un buon cameriere, una ragazza da amare diventata sua moglie e un figlio che ora ha sei anni. Poi ad un certo punto tutto cambia: Said viene denunciato per maltrattamenti in famiglia, perde il lavoro e la donna ed è allontanato dal suo bambino. Ed è qui che inizia a covare la caccia al bianco che lo trasforma in un assassino.

Ha detto che se fosse rimasto in libertà avrebbe ucciso ancora, perché sentiva delle voci nella sua mente, il richiamo del male. «Perché ho ucciso in quel modo? - ha spiegato convinto -, volevo ammazzare un ragazzo come me, togliergli tutte le promesse che aveva, dei figli, toglierlo ai suoi amici e parenti». Lucida anche la sua spiegazione sul perché ha sgozzato quel giovane, colpevole solo di essere bianco e felice: «Quello è il modo più sicuro di uccidere. Se lo colpisci di schiena è meno sicuro, anche se lo prendi al polmone non sei certo di ammazzarlo». La sua volontà di uccidere ha reso Said maniacale nell'organizzare a puntino il suo piano che comprendeva anche il luogo dove nascondere quel coltello affilato che avrebbe potuto servirgli per tagliare la gola ad un'altra persona bianca.

La sua rabbia per un'esistenza senza affetto, è diventata con il

passare del tempo, depressione e poi paranoia, fino a voler far pagare i suoi fallimenti ad altri. «Ho pensato anche di uccidermi - ha concluso - poi ho trovato più giusto far pagare a Torino quello che Torino mi aveva tolto».

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