Confindustria, Garrone lascia la corsa

La lettera di Mr Erg: "Scelta di responsabilità". Oggi il voto per affidare la presidenza a Orsini

Confindustria, Garrone lascia la corsa
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Emanuele Orsini sarà il prossimo presidente di Confindustria. Ieri Edoardo Garrone ha comunicato con una lettera inviata ai vertici di Viale dell'Astronomia la decisione di ritirare la propria candidatura, rimarcando l'opportunità di «un passo indietro» per «consentire a Orsini di trovare le condizioni ideali per guidare Confindustria». Nelle quattro pagine, scritte puntando sull'emotività del momento, si evidenzia la necessità di mettere gli interessi collettivi al di sopra delle ambizioni personali. Garrone, infatti, ha sottolineato l'importanza di «mettere un candidato nelle condizioni di potersi scegliere la propria squadra e la propria struttura liberamente, senza alcun condizionamento e negoziazione che lo renderebbe debole».

La difficoltà del momento è testimoniata dal richiamo all'unità del sistema imprenditoriale italiano al fine di superare le «forti fratture e forti tensioni» per non far sì «che un candidato possa vincere per qualche voto, magari frutto di impegni o scambi eccessivi». Fondamentalmente, dopo l'esclusione di Antonio Gozzi (che non aveva raggiunto il quorum necessario del 20% dei voti assembleari), la strada di Garrone si era fatta in salita. Di là della maggiore comunanza di prospettive tra il presidente di Federacciai e l'attuale vicepresidente di Confindustria per il credito, Garrone - quand'anche avesse convinto parte dei gozziani (circostanza assai improbabile e forse non determinante) - avrebbe prevalso «di corto muso» e sarebbe stato ostaggio delle varie correnti che non avrebbero mancato di ricordargli i conflitti di interesse relativi al mantenimento della presidenza del Sole 24 Ore e al settore delle rinnovabili in quanto presidente di Erg.

In quest'ottica non è un caso che Garrone abbia auspicato «un presidente che rispetti l'autonomia del Sole 24 Ore e recuperi la sovranità di Confindustria nella Luiss, avendo chiari i fini per i quali la Confindustria ritiene strategico avere una propria università». Il riferimento a «una squadra forte ed indipendente e una struttura di grande qualità e competenza» al fianco della presidenza, rappresenta il richiamo a una collegialità che lo scontro diretto gli avrebbe precluso. Orsini, pertanto, sarà chiamato a un compito tutt'altro che facile: recuperare quell'unità confindustriale che attraverso il dialogo recuperi con lo scopo di conservare l'identità dell'associazione. L'amministratore delegato di Sistem Costruzioni ha vinto la sua battaglia contando sull'appoggio del Nord-Est e della Piccola industria. Egli ha saputo convincere il tessuto profondo delle pmi (che costituiscono oltre il 90% del Sistema Italia) che c'è ancora spazio per una rappresentanza che non vada al traino dei vari governi e che sappia anteporre gli interessi delle aziende alle convenienze politiche del Palazzo. E questo vale tanto per la delicata questione fiscale quanto per il tema del credito che, durante la presidenza Bonomi, Orsini ha seguito fianco a fianco con l'Abi guadagnandosi la stima di tutto il sistema bancario del nostro Paese. La «leadership forte e inclusiva» che Orsini ha esaltato nei suoi interventi (e che Garrone anche ha richiamato nella sua lettera) dovrà tradursi subito in opere. Il suo arrivo alla presidenza di Confindustria, infatti, è caratterizzato dalle stesse difficoltà iniziali che nel 2000 avevano caratterizzato la vittoria dell'outsider Antonio D'Amato, ossia l'assenza di Assolombarda (la territoriale milanese che rappresenta il 20% del Pil italiano).

Se ventiquattr'anni fa i voti meneghini si dispersero dietro al presidente Benedini che si candidò senza successo, oggi Milano chiederà subito azioni incisive a Orsini. Il suo track record alla guida di Federlegno Arredo (con l'ulteriore valorizzazione del Salone del Mobile) e da vicepresidente confindustriale, tuttavia, promette bene.

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