Quel conflitto d'interesse del giudice sceriffo

Il figlio di Claise in affari con il rampollo di Arena, sfiorata dall'indagine

Michel Claise, foto tratta da un'intervista a Quarta Repubblica
Michel Claise, foto tratta da un'intervista a Quarta Repubblica
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Il terremoto dal Parlamento europeo si sposta dentro le stanze della Procura di Bruxelles. Il giudice istruttore dell'inchiesta Qatargate che ha fatto tremare le istituzioni Ue per una presunta corruzione da parte di Qatar e Marocco lascia l'indagine per motivi di opportunità. Proprio Michel Claise, spesso criticato per i suoi metodi considerati «giustizialisti», potrebbe essere finito in un potenziale e alquanto imbarazzante conflitto di interessi, sollevato dall'avvocato di uno degli indagati (Marc Tarabella), che ne mette in dubbio l'imparzialità. Il quotidiano le Soir ha scoperto che il figlio di Claise, Nicolas, classe 1991, sarebbe socio in affari con il figlio dell'eurodeputata socialista belga Maria Arena, già presidente della commissione diritti umani del Parlamento Europeo, ruolo che prima fu di Antonio Panzeri, ritenuto oggi al centro della rete della presunta corruzione. È uscito dal carcere poche settimane fa dopo aver firmato un accordo di collaborazione che di fatto l'ha trasformato nel grande pentito di questa indagine. Noti i legami dell'ex parlamentare con Maria Arena, che è stata solo sfiorata dall'inchiesta. Claise dunque avrebbe condotto l'indagine per tutti questi mesi nonostante il rapporto d'affari di suo figlio.

Il magistrato era già finito al centro di polemiche per i suoi metodi e per l'uso della carcerazione preventiva in particolare su Eva Kaili, la ex vice presidente greca del Parlamento Ue, per 4 mesi detenuta nella prigione di Haren, Bruxelles. Gli avvocati ne hanno fatto una battaglia di diritti umani sia per le condizioni della detenzione sia perché non le è stato possibile per un mese vedere la figlia di tre anni. La procura federale ha respinto le accuse affermando che i diritti di Kaili sono stati rispettati. Ma non c'è solo lei. In carcere per 4 mesi oltre a Panzeri, anche Niccoló Figà Talamanca, segretario di una ong che aveva avuto rapporti con quella dell'ex europarlamentare. Del resto Claise, soprannominato «giudice sceriffo», ha sempre espresso posizioni nette e dure sui temi della corruzione e dei reati finanziari. In una recente intervista a Quarta Repubblica ha raccontato la sua lotta ad armi spuntate perché «non abbiamo i mezzi sufficienti per contrastare la corruzione», che «è ovunque». «Non dico che tutti i politici siano corrotti ma è un fatto che abbiamo arrestato molte persone nella pubblica amministrazione. Questo dimostra che la corruzione è diffusa a tutti i livelli. Non possiamo chiudere la porta e dire non è grave. Sì, invece, è molto grave». Aveva espresso anche critiche sul sistema italiano, che lascerebbe impuniti i colpevoli: «Penso che l'Italia sia colpita dalla corruzione e in modo grave. Questo non significa che le nostre democrazie possano essere rovesciate dall'oggi al domani dal fenomeno della corruzione. Non dico questo. Ma la domanda che vorrei fare è: ci sono politici italiani accusati di corruzione per cui si è arrivati mai a una condanna definitiva?». Quanto alle critiche sulle manette facili, Claise ha spiegato perché il carcere preventivo non va ridimensionato: «la condizione del carcere preventivo in materia di reati finanziari previene il rischio di ricascarci, la cosiddetta recidiva, il rischio di fuga e soprattutto il rischio di collusione. Ovvero, non abbiamo trovato tutto e non mettiamo la persona nella posizione di poter comunicare quello che ha saputo sul suo arresto. E poi le detenzioni preventive in caso di reati finanziari sono relativamente brevi, salvo in casi eccezionali di collusione o di fuga all'estero. Vede, ci sono persone che hanno molti soldi all'estero e a noi servono delle garanzie, perché se le liberiamo beh non le troviamo più».

Dice anche di non aver mai messo in prigione «un innocente. In un caso ho avuto problemi di procedura con un procuratore e siamo arrivati alla prescrizione. Quindi non è stato dichiarato innocente». La Procura federale fa sapere che le indagini vanno avanti comunque.

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