Conte pacifista anti Draghi ma con lui a Palazzo Chigi le spese militari sono salite

Gialloverde, giallorosso, uomo di governo, leader di partito, moderato infine pacifista. Giuseppe Conte dopo lo scoppio della guerra in Ucraina cerca di ritagliarsi uno spazio politico e mediatico

Conte pacifista anti Draghi ma con lui a Palazzo Chigi le spese militari sono salite

Gialloverde, giallorosso, uomo di governo, leader di partito, moderato infine pacifista. Giuseppe Conte dopo lo scoppio della guerra in Ucraina cerca di ritagliarsi uno spazio politico e mediatico. In difficoltà nei sondaggi, alle prese con una leadership su cui pende la spada di Damocle dei tribunali, nel pantano di un partito che è diventato ingestibile, l'avvocato cavalca la campagna contro l'aumento delle spese militari al 2% del Pil. Una crociata mediatica e di consenso, alla ricerca di uno spazio in una fetta di elettorato «pacifista» e di certo non filo-atlantica, che sembra orfana di un riferimento politico. Con il Pd di Enrico Letta compatto sul budget per la difesa, Conte ha individuato un tema per uscire dalle secche. Accarezzando l'anti-atlantismo, l'ex premier è arrivato a minacciare fibrillazioni nel governo sul tema della spesa militare. Ha fatto sapere che è sul tavolo l'ipotesi di non votare il Def (Documento di Economia e Finanza) senza un chiarimento sulle spese militari. Ha smentito la volontà di innescare una crisi di governo, mentre ha aperto solo a una crescita graduale della cassa per gli armamenti e vedrà oggi alle 17 e 30 il premier Mario Draghi per discutere del tema. Nel Pd e tra i pentastellati critici ci si chiede se davvero l'avvocato di Volturara sia pronto per l'all-in o se si tratti soltanto di un bluff a beneficio dei sondaggi. Intanto è stallo e non c'è un accordo per un ordine del giorno di maggioranza sul dl Ucraina, ancora bloccato in commissione al Senato e su cui il governo sta valutando di porre la questione di fiducia. Anche se alcuni senatori grillini hanno fatto già sapere che non saranno presenti in Aula per il voto.

«È strano che sia proprio Conte a riscoprirsi così ortodosso, lui che ha impostato la sua carriera sul fatto di essere un moderato, che è stato due volte presidente del Consiglio, e che anzi lo è diventato perché nel 2018 non era un leader di partito, a differenza di Luigi Di Maio», riflette una fonte di alto livello del M5s. E infatti è fin troppo facile far emergere le contraddizioni del leader dei Cinque stelle. Anche durante i suoi governi - senza una guerra in Europa - Conte ha sempre rispettato gli impegni presi con gli alleati della Nato. Il balzo più rilevante in termini di spesa militare è stato registrato nel 2020, l'anno dei lockdown e della fase più drammatica della pandemia da Covid. L'Italia è passata dai 22miliardi e 844 milioni del 2019 ai 24miliardi e 427 milioni dell'anno successivo, per un incremento del 7,28%. Nel 2020 l'Italia ha speso per la difesa l'1,4% del Pil, più della media europea dell'1,3%. Dunque Giuseppi - come lo aveva soprannominato Donald Trump - non si è mai tirato indietro sugli impegni presi con la Nato. E nel M5s nessuno ha fiatato.

«Conte per avere un po' di consenso spara a zero contro le spese militari italiane. Però sulle spese militari russe in Italia lo stesso Conte e l'intero M5s rifiutano di fare chiarezza con la commissione di inchiesta sul Covid che Italia Viva ha proposto e che nessuno vuole, chissà perché. Le spese militari evidentemente vanno bene solo se pagano le missioni dei soldati russi», attacca Matteo Renzi nella sua Enews.

Contro Conte anche l'ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta del governo gialloverde, fuoriuscita dal M5s: «Da Conte solo una mossa politica, gli elettori vanno guidati», dice all'Adnkronos. «Se nel M5s prevale Di Battista nessun dialogo con il Pd», incalza il senatore dem Andrea Marcucci in un'intervista a True News.it

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