Se sul fronte caro-energia Confindustria ha evidenziato una forte sintonia con il governo sulla necessità di intervenire quanto prima per calmierare i prezzi, lo stesso non può dirsi in tema di politiche per il lavoro. Ieri il vicepresidente di Viale dell'Astronomia, Maurizio Stirpe, ha ribadito che «la strada per combattere il precariato non è quella che passa dall'inasprimento dei contratti a termine ma quella che incentiva la trasformazione in contratti a tempo indeterminato, quella che disegna una corsia preferenziale per accedere alla stabilità». Si tratta di una posizione totalmente opposta a quella del sindacato che con Confindustria mercoledì scorso si è seduto al tavolo del ministro del Lavoro, Andrea Orlando (ieri destinatario di una lettera minatoria a cui sono seguiti numerosi attestati di solidarietà).
Il principale obiettivo del ministro piddino non è, però, restringere ulteriormente le maglie dei contratti a termine ma estendere gli ambiti di applicazione dei contratti collettivi eventualmente aprendo al salario minimo ove le mansioni siano prive di regolamentazione per garantire retribuzioni più alte ai lavoratori dipendenti. Il problema è che Cgil, Cisl e Uil si sono approcciate a quell'appuntamento con tutt'altro spirito. I sindacati, infatti, sono contrari all'adozione di un salario minimo ritenendo che le retribuzioni basse siano figlie «dell'orario lavorato e della discontinuità lavorativa», come ha spiegato il segretario confederale Cisl Giulio Romani. La Uil con il segretario Bombardieri ha colto la palla al balzo per chiedere una stretta sui contratti a termine. Il modello è «il patto spagnolo tra aziende e sindacati con cui si è eliminato il contratto a tempo determinato lasciando la possibilità di utilizzarlo solo in caso di sostituzione o picco produttivo», ha osservato il leader Uil. In questo modo, però, si è aperto un altro fronte rispetto agli obiettivi fissati da Orlando.
Inevitabile l'irritazione di Confindustria.
Altro che «depotenziamento», ha sottolineato Stirpe, affermando che «bisogna superare il decreto Dignità del 2018». Confindustria, infatti, ha messo sul tavolo la proposta di rinviare in sede contrattuale la trattativa sulle causali, «inserite attualmente dal decreto in gabbie rigide». Il confronto, pertanto, parte in salita.
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