Contro lo strapotere della Merkel all'Italia serve un asse con Mosca

Basta con le sanzioni, Onu e Ue puntino sulla Russia in chiave anti Isis Ecco perché Berlusconi è in Crimea per riallacciare i rapporti con Putin

Contro lo strapotere della Merkel all'Italia serve un asse con Mosca

La visita di Berlusconi a Yalta per onorare i bersaglieri caduti in Crimea consente di accendere i riflettori su una questione essenziale per il nostro tempo. Solo insieme, solo con lo spirito di Pratica di Mare si batte il terrorismo islamico. A sua volta questo spirito colloca l'Europa in un ruolo centrale: ponte e insieme sintesi, protagonista e beneficiata, di una ritrovata collaborazione tra le due storiche superpotenze. Un'Europa a sua volta finalmente superpotenza garante di un ordine pacifico. Questo è il lavoro che si è assunto Berlusconi, da statista qual è, accettando l'invito di Vladimir Putin. Non è un'impresa velleitaria.

L'attacco alle Torri gemelle di New York l'11 settembre di 14 anni fa è stato la più eclatante manifestazione del fondamentalismo islamico contro l'Occidente. Otto mesi dopo quella data, il 28-29 maggio 2002, in una riunione straordinaria della Nato a Pratica di Mare, Berlusconi fece la storia. Con una stretta di mano Bush-Putin diventata poi, per il suo significato, appunto, storica, si sancì l'allargamento, in termini di partnership, della Nato alla Federazione Russa, con un obiettivo chiaro: uniti contro il terrorismo.

A distanza di 14 anni, l'Europa sembra aver perso solo tempo. Siamo a discutere su come gestire le spaventose ondate di migrazione dei disperati dall'Africa, ma siamo incapaci di reagire alle cause del problema. Oggi non siamo di fronte a flussi migratori fisiologici, che ci sono sempre stati nella storia dei Continenti. Oggi siamo di fronte alla sfida del terrorismo islamico, che produce patologici ed eccezionali flussi migratori, che non sono solo effetto della guerra, ma sono volti, in maniera esplicita, a fiaccare l'Occidente, e in particolare l'Europa. Ed è al terrorismo, quindi, che deve essere innanzitutto data una risposta. Una risposta nella quale l'Unione europea non può assolutamente privarsi della partnership della Federazione russa.

Soprattutto, la questione dei recenti straordinari flussi di immigrazione non viene affrontata nella sua radice: che è appunto il terrorismo islamico, a sua volta sospinto dagli interventi folli e unilaterali del 2011 in Libia di Francia, Regno Unito e Usa, con la Germania che stette a guardare, Russia e il Vaticano contrari, mentre l'Italia dovette subire il diktat dell'allora capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che è anche capo delle forze armate.

La lotta contro il terrorismo dello Stato islamico, la guerra scatenata contro l'Occidente: l'Europa, con i suoi 500 milioni di abitanti e i suoi 28 Stati, non è assolutamente in grado neanche di iniziarla, salvo combinare pasticci. La ragione è una: siamo - noi Europa, ma questo «noi» è oggi impronunciabile - una nullità ideale e geopolitica. La causa è l'egemonia tedesca sull'Europa, e l'asservimento ad essa degli altri Paesi, l'Italia dei tre governi non eletti in testa.

L'Europa va a ramengo, si autodistrugge, piomba nel buio, se le cose procedono come da almeno dieci anni a questa parte, dal momento in cui Berlino si è riassettata assorbendo - grazie alla generosità dei partner europei - il trauma economico e sociale dell'unificazione.

In estrema sintesi. L'attuale situazione di infinita debolezza dell'Europa è dovuta alla esagerata forza della Germania, la quale non la esercita come fattore di coesione ma come generatrice di squilibri fatali. In questo vediamo una triste coerenza con il destino tragico di Berlino, che vive come vocazione inesorabile questo suo tentativo inesausto di conquistare l'Europa, imponendo se stessa invece che obbedendo ad uno spirito universale che pure è presente nella sua immensa e geniale cultura.

Un'idea insieme tragica e apocalittica del proprio destino la pervade. Ed in questo esiste di certo una responsabilità degli altri Paesi, di volta in volta vendicativi e servili, mai riuscendo a determinare una composizione felice delle differenze.

Il Patto di Roma e l'Unione tra i Paesi fondatori obbedivano proprio a creare un cuore europeo che battesse all'unisono, sanando le cicatrici sempre aperte e foriere di conflitti.

Lo squilibrio tedesco, la sua potenza economica, l'auto-emarginazione del Regno Unito collocatosi fuori dall'euro, ha fatto sì che la grande crisi finanziaria partita nel 2007-2008 fosse affrontata secondo il dogma tedesco dell'orrore per l'inflazione. Da cui rigore cieco ed egoista. La Germania decise - d'accordo con la Francia - di lasciare che l'Italia fosse spolpata dalla speculazione finanziaria, calcolando come conseguenza politica l'avvento preordinato con la complicità di Napolitano di Mario Monti, «il genero perfetto per la suocera tedesca» (Monti).

Da qui lo squilibrio immane determinato dal diverso corso degli interessi, lo svantaggio competitivo a favore dei tedeschi, l'enorme surplus commerciale, che viola le regole europee. La Germania decide per conto di tutti gli altri in economia, su chi premiare con quattro monetine di flessibilità, e chi punire. Nessuna solidarietà allora, in quell'estate-autunno del 2011, all'Italia in economia. E quando esplode la crisi dell'immigrazione, dopo la caduta di Gheddafi, e passa attraverso il Canale di Sicilia, continua questo egoismo: arrangiatevi voi, fatevi il «Mare nostrum». Il Mediterraneo, come dite voi stessi, è vostro, tenetevelo.

E noi, per un concetto suicida di umanitarismo, coi governi Letta e Renzi abbiamo accondisceso. Tappando solo le conseguenze, gli effetti di un cancro enorme nel cuore del mondo e con epicentro a sud dell'Europa: lo Stato Islamico.

Ora che succede? La Germania ha deciso che il Regolamento di Dublino non conta più, che la solidarietà è obbligatoria per tutti, visto che le fa comodo prendersi in casa la borghesia siriana benestante e colta in fuga, ridistribuendo piaceri a tutti tramite una Commissione europea a lei prona. «Che carità pelosa» - come scrive Lorenzo da Ponte. Lei si carica di una piuma, mentre ci mette addosso la soma dell'Africa.

Se si vuole affrontare la crisi europea e di conseguenza quella italiana con speranza di soluzione positiva, occorre tagliare il nodo di Gordio dell'egemonia tedesca. Sia chiaro: la leadership è un conto, e ciascun popolo e governo giochi le sue carte, economiche, politiche, culturali, storiche: l'egemonia è un'altra cosa. Equivale a una sopraffazione, a una deroga permanente del Patto di Roma del 1957, per lasciare il posto alla pura logica della forza economica.

E per aprire la strada ad una vera unità politica ed economica in Europa è indispensabile passare dallo spirito, appunto, di Pratica di Mare. L'alleanza morale e operativa di Usa, Ue e Russia contro il nemico comune e totalitario della civiltà. E questo a sua volta, con lo sbriciolarsi dei nuovi muri tra ovest e est, comporta un'europeizzazione della Germania.

Purtroppo, però, Renzi ha abdicato a qualsiasi ruolo dell'Italia. Nello stesso fine settimana in cui Berlusconi è in Russia per riprendere lo spirito del 2002, uniti si vince contro il terrorismo, il presidente (si fa per dire) del Consiglio è andato a New York a vedere la partita Vinci-Pennetta. Renzi è uno a cui piace vincere facile. In quella partita, comunque avrebbe vinto l'Italia. Questa è la differenza. In un momento straordinariamente drammatico, come quello attuale, Renzi svende allegramentella Merkel l'Italia, il cui ruolo nel 2002 è stato catalizzatore, mentre Berlusconi individua la chiave dei problemi globali.

Noi vogliamo più Europa in economia e in geopolitica, che cancelli le sanzioni alla Federazione Russa, produca pace, e risolva con la Nato e l'Onu i problemi del terrorismo islamico. E questa non è l'Europa di Angela Merkel, che per troppe volte ha dimostrato di essere solo opportunista e miope. Viva Pennetta, viva Vinci, abbasso Renzi l'opportunista.

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