Il Partito democratico è il vero sconfitto di queste elezioni. Nella "war room" del Nazareno, fino a pochi giorni fa sembrava che il partito dovesse insidiare Fratelli d'Italia e arrivare a prendere almeno il 27%. Sembra passata una vita davanti ai risultati di oggi, che vedono il partito guidato da Enrico Letta aggirarsi attorno al 19% delle preferenze. Una debacle che non ha paragoni nella storia del partito, della quale ha preso atto anche Enrico Letta. Durante la conferenza di questa mattina dopo il voto, il segretario del Pd ha dichiarato: "Assicurerò la guida del Pd nelle prossime settimane, per spirito di servizio, in vista del prossimo congresso, non mi presenterò candidato, credo che a una nuova generazione spetti il compito di rilanciare il Pd nell'interesse dell'Italia e dell'Europa". E ora le correnti fremono per cambiare il vertice.
Il timing del nuovo congresso
Ora nel Partito democratico si apre una nuova stagione. Il congresso era previsto tra febbraio e marzo ma è molto probabile che venga anticipato, proprio in ragione della necessità di effettuare profonde riflessioni in seno al partito. E nelle retrovie, i possibili successori di Enrico Letta scalpitano. Alcuni passaggi sono stati snelliti di recente ma l'intera procedura congressuale richiede in condizioni normali 3-4 mesi di tempo. Sono previste due fasi, con vari step intermedi. La prima fase è dedicata al confronto sui documenti congressuali e porta alla selezione dei candidati e richiede almeno 40. La seconda fase, invece, comprende il dibattito e il voto nei circoli e arriva fino alle primarie aperte,in che significa che richiede oltre 50 giorni. Alla luce di questo, è difficile che le assise si tengano prima dell'inizio di febbraio.
Delusione tra le fila del Pd
"Il Partito Democratico ha perso. È il frutto di mesi di scelte sbagliate. Non parliamo a nessuno, o meglio, parliamo male e i risultati lo dimostrano. Purtroppo a farne le spese sarà l'Italia", ha scritto Caterina Biti, vicepresidente del gruppo Pd. Al di là della convinzione che solo loro siano in grado di garantire un futuro all'Italia, questo è il tenore di tutti i messaggi degli esponenti del Pd, che già guardano al "dopo Letta". Lo fa anche Dario Nardella, sindaco di Firenze: "Credo che ora la cosa più importante è prioritaria è cambiare il Pd, prima che il segretario. Dobbiamo avviare un processo profondo di ricostruzione da zero. La scelta del segretario è un pezzo di questo discorso, mi auguro che il dibattito di questi giorni non si riduca alla corsa dei cavalli che già si schierano perché sarebbe a mio avviso sbagliato". Tranchant anche Alessia Morani: "Per il Pd la sconfitta è pesante, senza appello. Troppi errori: una linea politica confusa tra 'o Conte o morte' ed 'evviva Draghi', una alleanza debolissima e contraddittoria e una campagna elettorale senza messaggi forti e priorità comprensibili. In queste condizioni l'esito era scontato". Ancor più amaro il commento di Antonio Decaro, presidente Anci e sindaco di Bari: "Il Partito democratico perde tutte le elezioni politiche nazionali dal 2008".
Correnti in pressing per un cambio al vertice
Ora, Base riformista preme per accelerare il processo di cambiamento. "Ora è il momento di preservare il Pd che rimane il secondo partito italiano e un punto di riferimento per milioni di italiani. Bene ha fatto Letta ad indicare la strada che tutti insieme percorreremo nelle prossime settimane verso il Congresso che dovrà essere, ora più che mai, il momento per discutere della nostra identità e della nostra funzione al servizio del Paese", fanno sapere fonti della corrente. Da giorni le correnti premono per arrivare alle dimissioni di Enrico Letta, che non ci saranno. Le aree che fanno capo a Dario Franceschini e a Peppe Provenzano hanno spinto affinché Letta lasciasse il timone a uno fra Vincenzo Amendola e Andrea Martella ma non sarà così.
Fonti di Base Riformista offrono una chiave di interpretazione diversa a questa scelta rispetto a quella della responsabilità che vorrebbe far trasparire il segretario. Secondo la lettura che arriva dall'area che guarda a Lorenzo Guerini, alla base di tutto ci sarebbe la volontà di Letta di "sistemare i gruppi parlamentari con persone a lui molto vicine in qualità di capigruppo".
E che sia questo il sentire di una delle correnti di maggior peso nel partito, lo dimostra il tweet di Stefano Bonaccini, che ha il suono di un "gong" per Enrico Letta: "L'affermazione della destra è chiara. Complimenti a Meloni". Il tempo di Letta al Pd è terminato. Ora deve scegliere come tornare a Parigi: i suoi saranno ben lieti di accompagnarlo al primo imbarco utile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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