Mancano meno di 24 ore all'apertura delle urne e il Pd sente sempre di più l'incombente avanzata del Movimento Cinque Stelle, soprattutto al Sud. L'inconfessabile domanda che circola dentro la sede nazionale del partito, Largo del Nazareno, è sempre la stessa: il M5S prenderà più voti del Pd?
I dubbi, a dir la verità, sono tanti. Un' alleanza, anche puramente tecnica, tra i due partiti avrebbe portato alla vittoria del centrosinistra? Un'alta percentuale di voti al M5S danneggerà il Pd oppure lo favorisce nella conquista dei collegi in bilico? Le risposte a tutti questi interrogativi si conosceranno lunedì mattina, ma per ora è bene limitarsi a registrare il clima incandescente che precede il voto e le ripercussioni di un eventuale flop. Ufficialmente, (quasi) tutti fanno trapelare un cauto ottimismo. “Non penso ci sarà il sorpasso. Il Pd è un partito radicato, con tanti amministratori locali. Sta facendo una campagna pancia a terra e sono fiducioso che fare un grande risultato”, dice a ilGiornale.it il senatore Alessandro Alfieri, coordinatore nazionale della corrente di Base Riformista. “Avverto che i Cinquestelle stanno recuperando, ma non credo che possa superare il Pd”, gli fa eco la collega Valeria Fedeli che, però, guarda già al 'dopo'.
Il congresso del Pd si avvicina
“Il Pd, qualunque sia il risultato, avrà bisogno non tanto di cambiare segretario quanto di un serio dibattito pubblico, fatto su mozioni e sulla proposta du una nuova importante visione dell'identità del partito”, spiega la senatrice dem, convinta che abbia ragione Romano Prodi quando sostiene che il Pd deve ritrovare le ragioni per le quali è nato. “Vivere il Pd sempre e solo nelle Istituzioni è stato uno dei nostri punti di difficoltà”, aggiunge la Fedeli che ritiene che il Pd debba strutturare meglio il rapporto con le rappresentanze sociali e col Terzo Settore.
Insomma, la distanza tra il 'Palazzo' e gli elettori, magari, non porterà a un sorpasso a livello nazionale, ma in alcune Regioni del Sud molto probabilmente sì. “Se il Pd scende è perché gli elettori stanno decidendo di votare Cinquestelle”, conferma la deputata dem Patrizia Prestipino, candidata a Roma che spera in una buona affermazione dei grillini: “Nel mio collegio, quello di Ostia e Pomezia, il M5S alto toglie voti anche alla destra e abbassa il quorum per essere eletti”. A livello nazionale, però, certi calcoli potrebbero essere controproducenti. Anche una distanza tra i due partiti inferiore ai cinque punti percentuali o un Pd sotto il 20% porterebbe a una situazione imprevedibile. “Sicuramente arriverebbero le dimissioni immediate di Enrico Letta e vi sarebbe subito un Congresso perché c'è già il precedente di Matteo Renzi di cinque anni fa”, profetizza una fonte de ilGiornale.it che lancia l'allarme: “Il Pd potrebbe implodere e dividersi in una parte sinistra e in una più moderata”.
Il Pd come una polveriera
Al momento, infatti, dentro il Pd c'è di tutto: “Una parte di Pd che rimprovera a Letta di non aver fatto l'accordo col Terzo Polo, mentre la sinistra del partito imputa a Letta di non aver fatto un accordo tecnico col M5S, ignorando, però, che l'elettorato del Pd e dei Cinquestelle sono molto diversi”. I piddini più critici verso i Cinquestelle ritengono, infatti, che Conte non si sarebbe risollevato se i grillini si fossero alleati con i democratici. “Il Pd, ormai, è una polveriera in stato di ebollizione. Ci trovi dentro tutto”, sintetizza la nostra fonte.
Un deputato che siede tra i banchi di Montecitorio, ormai, da dieci anni, prevede che “lo scontro sarà tra quelli che volevano andare ai Cinquestelle e quelli che rimprovereranno a Letta e Zingaretti di averli accreditati come progressisti” e, a farne le spese, sarà l'attuale segretario. “Dal 26 settembre non esisterà più un lettiano”, sentenzia l'esponente dem.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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