La corsa dell'ambulanza oltre il cancello 9. Così parte la nuova fase dell'emergenza

Alle 14.53 di ieri un malato di 50 anni "inaugura" la struttura. Poi tocca a un 70enne e un 65enne. A dirigere le operazioni un primario del Policlinico

La corsa dell'ambulanza oltre il cancello 9. Così parte la nuova fase dell'emergenza

All'entrata della Fiera, sotto l'acqua che vien giù a catini, ci dovrebbe essere - in ginocchio a chiedere scusa - uno di quelli che cinque mesi fa ghignavano sull'ospedale inutile. Invece alle 14,53, quando la prima ambulanza varca il cancello 9, su viale Teodorico ci sono solo qualche cameramen e un paio di fotografi. Eppure quei pochi istanti - il suono della sirena che si avvicina, le luci blu, l'autolettiga First Aid che si infila - sono in qualche modo punti di snodo nella drammatica saga del Covid. Quel suono di sirena racconta che il dramma è di nuovo qui. Faceva bene, purtroppo, chi era pessimista, chi ha voluto e costruito in un lampo questo reparto di terapia intensiva: sperando che non servisse, ma temendo che prima o poi lo sarebbe stato.

Sull'ambulanza c'è un uomo di cinquant'anni, portato qui da un ospedale milanese: uno dei tanti ospedali-trincea, dove medici e infermieri hanno potuto tirare il fiato solo per una manciata di mesi, e che adesso sono di nuovo in affanno. Già da una settimana si sapeva che il reparto della Fiera avrebbe dovuto riaprire i battenti, accogliere i primi piccoli numeri: ma prepararsi ad accoglierne di ben maggiori. La scelta è caduta sul blocco B, quello al piano terreno del Padiglione 1, 104 posti in tutto. È questa la prima valvola di sfogo che entra in funzione per salvare dal collasso gli ospedali lombardi. É lì che ieri pomeriggio approda il paziente 1. Intorno a lui si muovono - le immagini che in aprile si erano fatte consuete, e ora hanno la violenza di un colpo di ritorno - nugoli di infermieri scafandrati. La barella scivola verso il triage, i ritmi sono lenti, complicati dalle procedure di sicurezza. Il malato viene avviato verso il modulo che per un numero imprevedibile di giorni sarà il suo mondo: una delle tre stanze a sedici letti, le più grandi del blocco B. Il suo letto ha le sponde blu, un grande numero verde sopra la testa. Muri bianchi, pareti bianche, nessuna finestra. Questo vedrà da oggi, nient'altro che questo e i volti di plexiglas di medici e infermieri.

Lo attaccano alle macchine, già usate ai tempi della prima ondata, e testate nuovamente nei giorni scorsi. La solitudine dura poco: qualche minuto dopo le 17 arriva un secondo paziente, ha 75 anni anche questo viene da un ospedale milanese. E il flusso, lento ma costante, prosegue. Altre luci blu su via Teodorico, altre speranze di vita che si infilano al Padiglione 1.

Sono passati duecento giorni da quando i primi pazienti della prima ondata vennero ricoverati alla Fiera, nel reparto realizzato in sedici giorni sfidando gli scettici e i sarcastici. Duecento giorni in cui si è visto di tutto, il terrore, il caos, l'abitudine, la speranza: e poi di nuovo la paura. Milano che si era fermata di colpo è ripartita. Il grande grattacielo storto che fa da sfondo alla Fiera, e che il lockdown di primavera aveva bloccato a metà, ora è costruito per intero; in quello accanto, il più alto d'Italia, stavano arrivando i primi impiegati. Invece ora tutto sembra rallentare di nuovo, quasi fermarsi. E l'ospedale in Fiera, l'ospedale che tutti sognavano non servisse più, ieri torna a servire.

Il primo medico che il paziente 1 incontra, ieri pomeriggio, è Nino Stocchetti, il primario del Policlinico che sta al comando di questo avamposto. Intorno, ci sono i medici e infermieri che il Policlinico ha arruolato nei giorni scorsi al proprio interno, dopo che la decisione di ripartire con la Fiera era divenuta operativa. In tutto, son quattordici medici e trenta infermieri, Stocchetti li riunisce ieri mattina presto per fare l'ultimo punto, per quelli di loro che in aprile non c'erano si apre una sfida nuova. Sanno che Milano guarda a loro, perché dalla tenuta dell'ospedale in Fiera dipende la quotidianità degli altri ospedali, la loro possibilità di non collassare sotto il peso dei ricoveri.

Ormai fuori è notte, ma nel modulo asettico

del padiglione 1 il tempo è scandito solo dal suono dei macchinari. Arrivano un altro malato, ha 65 anni, altri tre o quattro sono attesi per la notte. La battaglia della Fiera è ricominciata, e nessuno sa quando finirà.

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