Milano. Giampaolo Nuvolati, ordinario di Sociologia dell'ambiente e del territorio presso l'Università degli studi di Milano Bicocca. Cosa pensa della violenza sul treno Verona Milano?
«È una questione che ha a che fare con il co-offending ovvero la dinamica della violenza di gruppo che prevede una presunzione di impunità. Se commetto un reato in un gruppo rischio molto meno e ho il vantaggio dell'impunità perché sarà molto più difficile che io venga identificato. È la logica che accomuna anche le violenze negli stadi. Non solo dunque si pensa di non venire beccati, ma c'è anche un senso di assenza di responsabilità del singolo, come se, in fondo, non avesse commesso quell'atto o, avendolo commesso insieme ad altri fosse meno grave».
La modalità della violenza del treno ricorda per certi versi le violenze di piazza Duomo a Capodanno.
«Come nei fatti di San Siro e di Capodanno anche in questo caso vediamo frange giovanili della popolazione emarginate o che si considerano emarginate, che con questi atti vogliono difendere e affermare la propria supremazia sul territorio. L'aspetto che caratterizza questi gesti è che non hanno una rivendicazione politica, non c'è ribellione contro l'istituzione ma un'aggressione ai danni dei più deboli per affermare il proprio dominio. Quindi un doppio livello: rivendicazione della propria identità e l'appropriazione di uno spazio pubblico».
Sembra che i ragazzi abbiano pronunciato la frase «le donne bianche qui non salgono»...
«Non ho sufficienti elementi per giudicare, ma non credo che una frase sia sufficiente per parlare di matrice razziale dell'episodio. Vedo le dinamiche tipiche del co-offending: che si tratti di piazza Duomo o di un treno, di una piazza a San Siro, si tratta di spazi pubblici che per questo diventano oggetto di dominio e rivendicazione. A volte lo scontro avviene tra bande per lo stesso motivo, altre volte si manifesta nella violenza di gruppo».
L'affermazione della supremazia si può manifestare anche attraverso atti vandalici o aggressioni verbali ai passeggeri e controllori: il fatto che siano state scelte delle ragazzine ha una valenza di altro tipo?
«Il modello di questa azione prevede forse una premeditazione e un'organizzazione: il gruppo che si compatta, anche se temporaneamente, per rivendicare il proprio potere. Il fatto che le vittime siano ragazzine è perchè sono soggetti in assoluto più deboli».
Sembra che nel gruppo ci fossero anche delle ragazze...
«Io credo che il fatto che si scelga di aggredire delle ragazze è perchè sono più indifese. Rispetto alla gravità della violenza, cioè di tipo sessuale, può sembrare banale, ma lo dico lo stesso perchè è così: manca l'educazione. Molto spesso questi ragazzi non hanno ricevuto un'educazione dalle famiglie, non hanno rispetto per l'altro e non si rendono effettivamente conto di quello che fanno. Non hanno una completa percezione della realtà. A maggior ragione se agiscono in gruppo. Anche la città e le sue agenzie formative dovrebbero fare di più per educare la rispetto dell'altro».
Pensa che ci sia anche un elemento «di classe?» Ragazze di ritorno da Gardaland o comunque da un giorno di vacanza al lago considerate più ricche o fortunate e quindi «da punire» in qualche senso?
«Al momento non ci sono informazioni al riguardo della classe sociale delle ragazze, ma il treno è il mezzo di trasporto popolare per eccellenza. Quindi io non vedo questo elemento.
Per altro il treno è uno spazio pubblico e costituisce un'ottima vetrina per affermare il proprio dominio sul territorio. Anche l'aspetto esibizionistico ha una forte componente delle dinamiche del co-offending, a vari livelli. Dai social alla semplice piazza».
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