La Storia non si ripete mai allo stesso modo. Ma le assonanze tra la campagna di Grecia condotta da Mussolini e la campagna di Ucraina condotta da Putin sono davvero impressionanti. E il vecchio Carlo Marx, riflettendo sulle vicende francesi a cavallo tra il Sette e l'Ottocento, non a caso sosteneva che la Storia si manifesta una prima volta in tragedia e una seconda volta in farsa.
Il 30 marzo 1938 Camera e Senato approvano per acclamazione la legge sul primo maresciallo dell'Impero conferito a Vittorio Emanuele III e al Duce. Con vive rimostranze del vecchio re per essere parificato al capo del governo. E quando Mussolini gli mostra il parere del presidente del Consiglio di Stato Santi Romano, una celebrità del giure, che sosteneva la piena legittimità del provvedimento legislativo, Vittorio Emanuele III resta del proprio avviso e ha parole di fuoco nei confronti dei costituzionalisti.
In quello stesso 30 marzo del 1938 Mussolini a Palazzo Madama tra gli applausi scroscianti dei senatori magnifica le nostre forze armate, che giudica tra le più potenti del mondo. Ecco, Putin non è da meno. Sa che il suo popolo ha un reddito pro capite di gran lunga inferiore a quello degli europei e degli americani. Ma in compenso s'illude di disporre di forze armate con i fiocchi. Ma il budino bisogna assaggiarlo per sapere se è buono o no. E, alla prova dei fatti, sia Mussolini sia Putin sono costretti a ricredersi. Il 28 ottobre 1940 Mussolini muove guerra alla Grecia. Ma l'offensiva si rivela presto un disastro. La Grecia va al contrattacco e arriva in Albania. Come al solito volano gli stracci. Occorrerà l'intervento delle forze germaniche per costringere la Grecia alla resa nell'aprile del 1941.
Putin si comporta, né più né meno, come Mussolini. Come a quest'ultimo era stato fatto credere che i greci fossero un popolo di pastori pronti ad arrendersi, così al dittatore russo i suoi servizi segreti e i suoi generali avevano fatto credere che l'Ucraina sarebbe stata spazzata via in quattro e quattr'otto. Insomma, la campagna contro Zelensky sarebbe stata poco più di una passeggiata. Ma così non è stato. E, seguendo le orme del Duce, Putin fa volare gli stracci. Il comandante in capo della spedizione viene rimosso sui due piedi e sostituito da un generale di maggiore esperienza. Con una fama di boia, tanto per esser chiari. E Putin si umilierà al punto di chiedere soccorso militare alla Cina, la Germania di Mussolini.
Nessuno può dire come andrà a finire. Fatto sta che la guerra lampo è clamorosamente fallita. La guerra continua con alterna fortuna. Le truppe ucraine danno filo da torcere e ottengono risultati insperati come l'affondamento della nave ammiraglia russa, il gioiello di Putin. Per il tiranno del Cremlino questa sciagurata campagna sarà l'inizio della fine. Si è messo contro Biden, considerato fino a ieri una colomba o giù di lì. Si è messo contro i Paesi dell'Unione europea, ben lieti fino al 24 febbraio scorso di intrattenere lucrosi scambi commerciali con il novello zar. E adesso la Finlandia e la Svezia, timorose dell'orso russo, si accingono a chiedere l'ombrello della Nato. Mentre l'Ucraina non vede l'ora di aderire all'Unione europea. Un suicidio in diretta, a conti fatti, quello di Putin. Che, memore delle glorie di Stalin, vorrebbe arrivare alla vittoria il 9 maggio.
Quando il dittatore georgiano nel 1945 piegò la Germania alla resa. Proprio quel 9 maggio, ma del 1936, quando l'Italia conquistò un effimero impero. Corsi e ricorsi di vichiana memoriaÈ destino dei dittatori, si sa, rimanere vittime delle proprie illusioni.
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