"Così non va bene. Senza vera liquidità chiuderanno in tanti"

Il leader di Confcommercio: ora contributi a fondo perduto. Evitare la stangata fiscale

Il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli
Il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli

Il decreto imprese non risolve i problemi di liquidità delle imprese. Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio chiede al governo di fare di più e di fare in fretta. Magari con contributi a fondo perduto, dotando i prestiti di una dotazione finanziaria adeguata, aumentando la soglia dei 25 mila euro per quelli garantiti al 100 per cento, azzerare la burocrazia e rinviando ulteriormente le scadenze fiscali.

Quali sono le necessità di liquidità delle imprese?

«Il Fondo monetario internazionale prevede, per il nostro Paese, un crollo del Pil 2020 superiore ai 9 punti percentuali. Il nostro Ufficio Studi ha registrato per il mese di marzo, un tonfo dei consumi superiore al 30 per cento. Crollano i fatturati, non si incassa e le imprese sono in ginocchio per problemi di liquidità e la stessa Banca d'Italia ha stimato, per il periodo marzo luglio, un fabbisogno aggiuntivo di liquidità da parte delle imprese nell'ordine dei 50 miliardi di euro. Bastano questi pochi dati per capire che in questa fase drammatica, bisogna agire con strumenti più incisivi e con molta più rapidità».

Le risorse messe in campo dal governo bastano a tamponare gli effetti del lockdown delle imprese?

«Tantissime attività del commercio, del turismo, dei servizi, dei trasporti e delle professioni corrono il rischio, più che concreto, di chiudere definitivamente. Ci sono intere filiere a partire da quella turismo fino a quelle dell'edilizia, dell'abbigliamento e dell'automotive che in questi due mesi hanno azzerato i propri fatturati. Senza dimenticare, naturalmente, il settore della ristorazione e dei pubblici esercizi che registra 30 miliardi di perdite e rischia di veder morire 50 mila imprese del comparto. Bisogna costruire, da subito, un percorso di sopravvivenza finanziaria che permetta a queste imprese di ripartire e tornare ad essere un valore insostituibile per il Paese».

Quindi il decreto liquidità non basta?

«È un primo passo ma bisogna fare di più, molto di più e subito. La capacità d'intervento tanto del Fondo centrale di garanzia, quanto della Sace va accompagnata da dotazioni robuste e coerenti con l'obiettivo di attivare garanzie fino a 400 miliardi di euro. Dopo la nuova autorizzazione all'ulteriore indebitamento che il Governo si accinge a richiedere al Parlamento, sono attesi i nuovi stanziamenti. È necessario - lo ribadisco - che siano coerenti con gli obiettivi dichiarati. E non dimentichiamo poi che occorre rivedere decisamente al rialzo la soglia dei 25 mila euro attualmente prevista per i prestiti garantiti al 100 per cento, cercando di valorizzare al massimo la possibilità, prevista nell'ambito del nuovo regime temporaneo europeo in materia di aiuti di Stato, di prestiti pienamente garantiti fino ad 800 mila euro. Magari anche valorizzando l'esperienza sul campo dei consorzi fidi. Ecco, da parte del sistema bancario serve lungimiranza. Il termine lo utilizzò Mario Draghi, nel 2009, richiamando l'esempio dei banchieri italiani che finanziarono la ricostruzione del nostro Paese negli anni Cinquanta e Sessanta. È un esempio ancora una volta attuale. Un altro punto essenziale è prevedere che i prestiti possano essere rimborsati ben oltre gli attuali sei anni. Se è un paletto europeo, va subito ridiscusso. Bisogna fare presto e bene. E con burocrazia zero: a Roma come a Bruxelles. Inoltre, la risposta all'emergenza non può certo essere solo quella dell'indebitamento delle imprese».

Che altro, allora?

«Servono anche misure di compensazione dei danni subiti in termini di crollo dei fatturati. Dunque, accanto ai prestiti, contributi a fondo perduto commisurati all'oggettivo impatto dell'emergenza sanitaria divenuta emergenza economica e sociale. Altrimenti, il fardello del debito rischia di farsi macigno. E poi moratorie fiscali che evitino il profilarsi di mega-scadenze nel mese di giugno. Anche qui, serve più tempo. Garanzie adeguate per prestiti a burocrazia zero, indennizzi e contributi a fondo perduto, moratorie fiscali: questo è il trittico degli interventi di base. Che deve accompagnarsi a stanziamenti adeguati sia per la cassa integrazione che per una più robusta indennità per i lavoratori autonomi ed i professionisti. Quanto alle locazioni commerciali: il riconoscimento dello status giuridico di causa di forza maggiore consentirebbe a chi è in affitto di chiedere un indennizzo per il canone che non riesce a pagare. E il credito d'imposta va esteso anche ai contratti d'affitto d'azienda».

Sulle riaperture, la fase due, c'è ancora incertezza...

«Deve partire il prima possibile. Certo in sicurezza. Il che significa che bisogna pigiare il pedale di una complessa preparazione: sanitaria, tecnologica e organizzativa.

Senza dimenticare l'orizzonte strategico delle scelte che serviranno per accelerare il percorso della ripartenza; buone politiche per investimenti pubblici tempestivi e per un giusto sostegno alla domanda. A partire dalle vacanze in Italia degli italiani».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica