
Ancora? Sorride e fa spallucce Sergio Mattarella, appena sceso dall'aereo a Podgorica. Il capo dello Stato, in visita ufficiale in Montenegro, non sembra molto scosso dal secondo straccio avvelenato in arrivo da Mosca. «No comment», è infatti la replica affidata al suo staff: il presidente è «sereno» e prosegue come sempre il suo lavoro. Del resto, fanno notare, come si può pensare che il Quirinale risponda alla portavoce di un ministro russo? Dunque, niente da correggere rispetto al discorso di Marsiglia, quando ha paragonato «le guerre di conquista del Terzo Reich» alla «aggressione all'Ucraina». Nessuna precisazione, tanto meno, figuriamoci, le scuse pretese dal Cremlino. Si tiene il punto: l'Italia sta con Kiev perché non possono certo essere le armi a regolare le controversie internazionali.
La linea è questa, è largamente condivisa, infatti alla Camera una lunghissima ovazione accoglie l'invito alla solidarietà con Mattarella. Peccato che i Cinque stelle tradiscano. «Noi non avremmo usato quelle parole - dice Il capigruppo Riccardo Ricciardi - che giustificano il continuo invio di armi, ora che ci si rende conto che si aprirà una trattativa».
Comunque sia, dalle parti del Colle calma e gesso e un «sereno» silenzio. Eppure la situazione comincia a diventare pesante. Nel suo nuovo attacco, il secondo in quattro giorni, Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo e sperimentato megafono di aggressioni all'Occidente, si spinge fino alle minacce. «Il paragone del presidente della Repubblica italiana non può rimanere senza conseguenze - dice alla tv Rossija 1 -. È il capo di Stato di una nazione dov'è nato il fascismo e che ci ha aggredito. Quello che ci viene detto arriva perciò da una persona che non può non sapere quanti soldati italiani hanno ucciso i nostri nonni e bisnonni nel nostro territorio durante la Seconda guerra mondiale sotto bandiere e slogan nazisti. E noi li abbiamo liberati da Hitler».
Brutta aria, Paolo Gentiloni è preoccupato. «Non so quali siano le conseguenze minacciate, so che una reazione diplomatica sarebbe opportuna». La Zakharova, che l'altro giorno aveva definito «invenzioni blasfeme» le preoccupazioni di Mattarella durante la lectio magistralis a Marsiglia, racconta adesso di «una raccolta di firme per petizione speciale di cittadini, giornalisti e personaggi pubblici per scusarsi con i russi per le parole indegne». Provocazioni, allusioni e intanto qualche segnale di ritorsione e già arrivato. Un attacco telematico del collettivo filo russo NoName contro infrastrutture informatiche. Da Intesa San Paolo ai bus di Siena e Torino, da alcune acque all'aeroporto di Malpensa, ecco i bersagli nel mirino degli hacker.
Tutto ciò non sposta di un millimetro la linea del Colle, ancorata alla difesa della libertà e della democrazia e al rispetto degli impegni internazionali e degli organismi multilaterali: Ue, Nato, Onu. Mattarella accoglie poi con «compiacimento» la vicinanza di gran parte della politica e del Paese. Venerdi scorso Giorgia Meloni ha parlato di «insulti che offendono la nazione intera» e nel pomeriggio a Montecitorio all'ordine del giorno spunta un testo di solidarietà al presidente. Due minuti di applausi generali di tutti i deputati alla mozione e altri venti minuti di polemica dopo che i grillini decidono di sfilarsi.
«Ci associamo alla vicinanza al capo dello Stato - dice Ricciardi - però il governo deve dirci se c'è un cambio di linea». Gli risponde Galeazzo Bignami, capogruppo FdI. «Se si aprirà una trattativa sarà perché qualcuno è rimasto al fianco dell'Ucraina e non perché ha mandato sul campo le brigate del reddito di cittadinanza».
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