Un mare di critiche. Non solo dalla Confindustria. Le imprese si sono schierate contro il decreto "Dignità" presentato in pompa magna ieri da un gongolante Luigi Di Maio che è arrivato addirittura a promettere 13 milioni di nuovi occupati. Il timore è che anziché aiutare ad assumere, mandi in fumo oltre 100mila posti di lavoro. In questa baraonda ha fatto rumore il gelido assenso della Lega alla stretta sui contratti temporanei che allarma il Nord Est. Tanto che oggi Matteo Salvini ci ha messo la faccia assicurando che il pacchetto varato dal Consiglio dei ministro "è un buon inizio che poi il parlamento cercherà di renderlo ancora più efficiente e più produttivo". Un'apertura che non è affatto piaciuta a Di Maio.
"Le misure del decreto? Non sono di destra e neppure di sinistra. Sono populiste". In una intervista dal Corriere della Sera il sottosegretario alla presidenza, il leghista Giancarlo Giorgetti, prova a smontare le critiche che piovono da più parti. "A sentire Confindustria - spiega - è la fine del mondo. A sentire Pietro Ichino, la montagna ha partorito un topolino. E invece è semplicemente un provvedimento che è stato scritto, corretto, digerito e alla fine ha trovato il suo equilibrio". Il braccio destrao di Salvini non intende ancora discutere dei voucher, ma fa presente che oggi "l'agricoltura ha certamente necessità di picchi di lavoro temporanei. Ma - promette - non asseconderemo l'ingiustizia che discende da certe formule quando sono applicate in modo scorretto". I dubbi, però, restano. Anche i giuristi sono convinti che il decreto "Dignità" non farà altro che penalizzare proprio il lavoro a termine. Un corto circuito, insomma. Non a caso il pacchetto di misure piace molto al segretario della Cgil, Susanna Camusso, che però chiede al governo passo in più per "licenziare" il Jobs Act di Matteo Renzi.
Alla selva di protesta, che in queste ore stanno travolgendo l'esecutivo, Salvini ha detto che il decreto dignità è solo "un buon inizio" su cui "il parlamento cercherà di rendere (il testo della legge, ndr) ancora più efficiente e più produttivo". Un'apertura che non è affatto pèiaciuta a Di Maio che ha, invece, chiuso radicalmente alla possibilità di rivedere alcune norme contenute nel decreto legge. "Il parlamento è sovrano, se le modifiche vanno nell'ottica del miglioramento troveranno nel Movimento 5 Stelle una forza politica disponibile al dialogo - ha spiegato il ministro dello Sviluppo economico a margine dell'assemblea Ania 2018 - se invece si vogliono annacquare le norme che abbiamo scritto allora il Movimento 5 Stelle sarà un argine".
Per il grillino il on governo non può e non deve arretrare "sulla precarietà, sulla sburocratizzazione, sulla lotta al gioco d'azzardo e alla lotta alle multinazionali che delocalizzano dopo aver preso i soldi dallo stato".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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