Un mese e poco più e il disastro annunciato è diventato reale. Il suicidio economico è in atto. Le stime sono diventate numeri, persone in coda in cerca di impiego. La Catalogna, la regione più ricca del Paese, la locomotiva della Spagna, perde colpi. Parecchi colpi. Una crisi politica trasformata in fallimento. Economico prima di tutto. Escono le prime stime ufficiali ed emerge che è la comunità di Barcellona ad avere la percentuale più alta di disoccupati nel mese di ottobre: 14.698 in più, il più grande incremento dal 2008. Il più alto di tutto il Paese.
Bisogna scartabellare i dati e tornare indietro fino a quel terribile 2008 per trovare dati così negativi, esattamente un mese dopo la disastrosa caduta di Lehman Brothers, quando ci furono quasi 24mila disoccupati in più. Il mercato del lavoro è la fotografia più lampante del motore di serie che oggi è in avaria. Effetti tragici della ribellione, della rottura con Madrid. «Effettivamente c'è uno stallo del mondo del lavoro. Non si stanno creando nuovi posti. Tutto bloccato in Catalogna, perchè la stabilità politica è fondamentale per la creazione di impiego e opportunità», ha detto il ministro del lavoro Fatima Bañez. Allarmata dalla situazione nella regione ha chiesto responsabilità e collaborazione a tutte le istituzioni pubbliche catalane. «Serve stabilità politica e giuridica per le imprese, perchè il nostro principale obbiettivo è che a questi 400mila catalani arrivino le opportunità di lavoro che meritano e che gli arrivino rapidamente». Facile a dirsi. Ma come si fa a mettere una pezza a questo grande disastro dai contorni ormai tragicomici? Il pugno duro di Madrid da un lato, la caparbia testardaggine dei ribelli catalani che non accennano a fare un passo indietro. Di fatto, davanti alle tensioni e alle incertezze le aziende scappano. E a soffrire sono i catalani, i cittadini.
Ma c'è soprattutto l'allarme del banco di Spagna che avverte: la crisi può costare all'intero Paese fino a 27 miliardi di euro entro il 2019, con una riduzione fino al 60 per cento della crescita. A cadere ci vuole un attimo, è la risalita che è sempre dura.
All'inizio di ottobre, quando c'è stato il referendum che ha poi portato alla proclamazione di indipendenza, il Fmi aveva già avvertito che i danni sarebbero stati incalcolabili. Andra Schaechter, l'economista capo missione del Fmi in Spagna aveva profeticamente allertato: «nel caso in cui si prolungassero le tensioni politiche in Catalogna potrebbero minare la fiducia negli investimenti e nei consumi». E i primi segnali c'erano già anche allora. Eppure il vicepresidente ormai destituito, Oriol Jonqueras, non aveva voluto cedere. «Non ci sarà nessuna fuga di aziende dalla Catalogna».
Quanto si sbagliava. Non aveva fatto i conti con la fuga di aziende, di istituti di credito. Una vera e propria diaspora che ha lasciato la Regione senza neppure una banca. Ora il tempo è fondamentale per non colare a picco.
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