Da oggi, al Consiglio superiore della magistratura c'è una sedia vuota, e resterà vuota per mesi se non per anni, mutando gli equilibri instabili e le maggioranze altalenanti da cui dipende in buona parte la giustizia italiana: a partire dalla nomina dei grandi capi degli uffici giudiziari. La poltrona vuota è quella di Rosanna Natoli, consigliera nominata dal Parlamento in quota Fratelli d'Italia (e più precisamente in quota Ignazio La Russa), di cui con una maggioranza schiacciante il plenum del Csm vota ieri la sospensione a tempo indeterminato dalla carica e dallo stipendio. Nel primo pomeriggio la sua pagina sul sito del Csm viene oscurata.
Per la Natoli - avvocato, 56 anni, nata a Paternò come il presidente del Senato, priva di titoli accademici - è fatale l'incontro avvenuto in uno studio legale con Maria Fascetto Sivillo, giudice, siciliana anche lei, subissata di procedimenti penali e disciplinari: alla quale senza motivo apparente, forse soltanto per pietà, la Natoli suggerisce come cavarsi dai guai, e spiffera qualche dettaglio sull'andamento della discussione interna al Csm. L'ingrata Fascetto registra tutto e consiglia il file - anche questa è una mossa apparentemente inspiegabile - al Csm.
Da quel momento la Natoli finisce inevitabilmente nel mirino, nonchè nel registro degli indagati della Procura di Roma. A saltare sul «caso» per cercare di toglierla di mezzo sono soprattutto le toghe di sinistra, ma anche gli altri magistrati presenti nel Consiglio sono compatti (con una sola eccezione) a considerare ingiustificabile il suo incontro con la giudice indagata. La Natoli si difende come può, rivendica la sua buona fede, in una lettera spiega di essere stata «terrorizzata» e «violentata psichicamente» dai consiglieri di sinistra, ieri davanti al plenum si proclama vittima di un «processo sommario» compiuto sulla base di una registrazione forse alterata.
Niente da fare, a votare contro la sua sospensione sono solo cinque dei sei consiglieri di centrodestra nominati dal Parlamento: il settimo, il vicepresidente Fabio Pinelli (quota Lega) è invece il presentatore ufficiale della mozione di sfiducia. Da oggi la Natoli è fuori, fino alla fine dell'inchiesta penale contro di lei: destinata, peraltro, a essere spostata per competenza territoriale a Messina. Tempi lunghi. Il problema è che fino ad allora il Parlamento non potrà sostituire la consigliera sospesa.
La Natoli, e a destra qualcuno ha probabilmente cercato di convincerla, avrebbe potuto risolvere la faccenda dimettendosi per amor di partito. Ma pare che non ci pensi neanche, si considera vittima di un agguato condito da «frasi sessiste e maschiliste», e si prepara a fare ricorso al Tar contro la sospensione: «rispetto il provvedimento ma nessuno mi può impedire di impugnarlo. Ho la coscienza a posto, non ho mai commesso atti contro legge». Tutto legittimo. Ma non dimettendosi crea un problema al centrodestra, che rischia di vedersi soffiare nomine su cui il suo voto sarebbe stato decisivo.
Sullo sfondo, dietro ai crudi problemi di poltrone, una questione più complessa, e a sollevarla è l'unico magistrato del Csm che ieri vota contro la cacciata della Natoli: Andrea Mirenda, ex di Magistratura democratica.
«Da oggi ogni singolo consigliere potrà essere sottoposto al pregiudizio di un procedimento di sospensione dalle proprie funzioni sulla base di una mera iscrizione nel registro degli indagati, che diventa la condizione necessaria e sufficiente per l'esposizione di ogni singolo consigliere, magari sgradito, a pesantissima minaccia».
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