D'Alema parla come Orsini: "Per la pace bisogna ascoltare Putin"

L'ex premier già il mese scorso aveva criticato l'approccio dell'Occidente alla gestione della crisi in Ucraina tendendo la mano a Putin. Ora sostiene che sia l'Europa a dover dare garanzie alla Russia

D'Alema parla come Orsini: "Per la pace bisogna ascoltare Putin"

Massimo D'Alema guarda ancora a est. Dopo che lo scorso maggio destarono scalpore le frasi che l'ex premier pronunciò dal palcoscenico della Conferenza Esri 2022 di Roma, D'Alema rincara la dose parlando nuovamente delle "ragioni di Putin".

Stavolta lo ha fatto al Festival dell'economia di Trento, durante un incontro dal titolo "Dove stanno andando economia e politica mondiale, rischio guerra fredda e ruolo dell'Europa". Il comunista col Rolex, che di guerra fredda se ne intende visto che fu segretario della FGCI tra il 1975 e il 1980, quando i giovani comunisti vedevano l'Urss tutt'altro che come un Impero del Male, ha manifestato nuovamente le sue perplessità sulla gestione che l'Occidente sta facendo della guerra in Ucraina. Dice D'Alema: "D'accordo, mandiamo le armi all'Ucraina. Ma come si ricostruisce un ordine mondiale? Cosa vuol dire 'vinceremo la guerra' combattendo con una potenza nucleare? A medio termine, chi governa, anche in Italia, che piano ha?"

Già a maggio, ricordando il ruolo che l'Italia e il governo che all'epoca presiedeva svolse nel supporto nel 1999 dei bombardamenti su Belgrado, sostenne molto berlusconianamente che il mondo libero dovrebbe (avrebbe dovuto) dialogare con la Russia di Putin e considerarla un alleato, oltre a proporre due modelli per uscire dall'impasse simili a quelli utilizzati in Kosovo e in Libano (dove però, si badi, a distanza di 20 anni la situazione non è certo tutta rose e fiori).

D'Alema sostiene che sia necessario un comprehensive agreement: "Non c'è pace vera senza le ragioni della Russia. Che sono la sua sicurezza e la tutela dei diritti delle sue minoranze nelle repubbliche ex-Urss. Ma non dimentichiamo che la Russia ha perso le sue ragioni mettendo in atto la brutale aggressione all'Ucraina".

È un po' uno scioglilingua, visto che se un Paese ha delle ragioni che poi perde con la scelta di invadere un altro Paese, non si capisce come e perché l'Occidente dovrebbe tenerne ancora conto. O comunque, non si capisce come possa un accordo essere "comprensivo" se le ragioni dell'uno sono state già affermate con la forza e di certo non sarà in vena di fare concessioni.

L'ex premier nel suo arzigogolato ragionamento, però, si dice certo di una cosa: l'Europa deve essere protagonista del processo di pace.

Il che equivale a dire, e lo fece già il mese scorso, che il Vecchio Continente debba dare garanzie di sicurezza alla Russia e non all'Ucraina, col presidente Zelensky che rischierebbe di finire così facendo sempre più ai margini del processo decisionale sul futuro del suo popolo e del suo Paese. A decidere per l'Ucraina, insomma, sarebbero tutti tranne che l'Ucraina stessa. Dov'è già stato applicato in precedenza, questo modello non è stato di certo un trionfo.

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