Le verità sul caso Almasri. Lo strano accusatore indagato per traffici e vicino a Casarini

David Yambio, che denunciò le torture del generale libico, da tempo è sotto inchiesta per associazione a delinquere e favoreggiamento dei clandestini. Cade un'altra prova: i video degli abusi visti in tv non sono attribuibili all'ufficiale

Le verità sul caso Almasri. Lo strano accusatore indagato per traffici e vicino a Casarini

David Yambio, un rifugiato sudanese che ripete di esser nel mirino del governo italiano per le sue rivelazioni sul generale libico Osama Njeem Almasri, ma risulta più banalmente sotto controllo della magistratura in merito a un'inchiesta sul traffico di clandestini. E poi dei video usati per dimostrare le torture inflitte ai migranti che una volta analizzati dalla nostra intelligence si rivelano assolutamente incongruenti con il caso del presunto «aguzzino» arrestato su ordine della Corte Penale Internazionale e poi riportato in Libia. Sono le doppie verità in cui si è imbattuto Il Giornale analizzando e indagando sul caso Almasri. Cominciamo dal rifugiato David Yambio. Dopo l'esordio sugli schermi di Piazza Pulita - la trasmissione de La 7 condotta da Corrado Formigli - questo 28enne migrante sudanese si conquista una certa notorietà grazie ai particolareggiati resoconti sulle presunte torture inferte dal generale Almasri a lui e a centinaia di altri migranti colpevoli solo di voler attraversare il Mediterraneo e raggiungere l'Europa. «Sono stato denudato, legato e picchiato dalla base dei piedi. Sono stato isolato in una cella per settimane senza cibo. Almasri mi ha preso a calci con i suoi stessi piedi, mi ha chiamato schiavo e mi ha picchiato con i tubi. Ha anche sparato a delle persone davanti a me sia a Jadida che a Mitiga Sono ancora sopraffatto È molto difficile per me accettare che sia stato rilasciato così dall'Italia», racconta Yambio in un'intervista a Repubblica.

Ma chi è veramente David Yambio? E quanto sono affidabili le «verità» sul caso Almasri in seguito alle quali sarebbe finito - dice lui - nel mirino del governo e controllato con Paragon, un sofisticato sistema di spionaggio elettronico di fabbricazione israeliana? Nel cercare di capirlo Il Giornale si è imbattuto in alcuni elementi a dir poco contraddittori. Elementi che fanno pensare ad una sorveglianza antecedente al caso Almasri e ordinata non dal governo, ma dalla magistratura. Il più rilevante è una comunicazione di Polizia datata 6 maggio 2024. La comunicazione, redatta su carta intestata del Ministero dell'Interno e indirizzata ai servizi d'intelligence, collega le attività di questo rifugiato originario del Sud Sudan a quelle di Mediterranea Saving Humans, la Ong guidata dall'ex «tuta bianca» Luca Casarini. La comunicazione ruota intorno ad un'indagine della Procura Distrettuale di Palermo che ipotizza il coinvolgimento di Yambio in attività di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. «Si rappresenta - scrive la nota - che alla Procura distrettuale di Palermo ha recentemente iscritto nel registro degli indagati David Oliver YASONA alias David YAMBIO - e due suoi connazionali - poiché indiziati del reato di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina». La comunicazione della Polizia sottolinea soprattutto le connessioni tra l'attività di Yambio e quelle della Ong di Casarini. L'oggetto della comunicazione recita «OnG Mediterranea Saving Humans - Attività di agevolazione degli spostamenti di migranti clandestini sul territorio nazionale». La comunicazione sottolinea poi che sono in corso «mirati approfondimenti investigativi finalizzati a definire la rete di favoreggiatori attivi sul territorio nazionale, nonché ulteriori accertamenti sulle utenze degli indagati». I legami tra Yambio e la Ong di Casarini vengono seguiti anche analizzando le utenze telefoniche a disposizione del migrante sudanese. La più interessante per gli inquirenti è quella intestata a Mattia Ferrari, un sacerdote originario di Modena assai noto alle cronache. In varie interviste distribuite negli anni a quotidiani, radio e Tv Padre Mattia Ferrari si definisce «cappellano» di Mediterranea Saving Humans e racconta spesso la sua partecipazione alle missioni condotte dalla Ong. «Purtroppo, la solidarietà viene sempre più criminalizzata perché tutti noi che tendiamo la mano ai migranti disturbiamo il progetto di società individualista che il neoliberismo ha in mente», spiegava un anno fa il cappellano di Mediterranea presentando il libro Salvato dai Migranti. Ma l'attenzione dedicata già allora ai contatti tra Yambio e la Ong, e il fatto che le utenze telefoniche del sudanese siano definite «oggetto di attività tecniche», fanno pensare a controlli telefonici in corso già a maggio dell'anno scorso. Dunque la presunta intercettazione - con l'utilizzo del sofisticato spyware israeliano Paragon - poco avrebbe a che fare con le rivelazioni su Almasri. E non sarebbe certo attribuibile a presunte richieste del governo. Sarebbe invece legato alle indagini avviate dai giudici di Paleremo per far luce sulle presunte attività di favoreggiamento dell'immigrazione. Non a caso la comunicazione di Polizia sottolinea che «tra le altre cose, sono emersi contatti con importanti soggetti del mondo istituzionale ed ecclesiastico che notoriamente condividono le posizioni delle Ong in merito alla gestione dei flussi migratori». C'è da chiedersi, dunque, se le presunte rivelazioni di Yambio e il frastuono mediatico creato dal collegamento con un personaggio come Almasri - coinvolto molto di più nella detenzione dei terroristi dell'Isis che non in quella dei migranti - non abbiano finito con l'offuscare i veri contorni della vicenda. Una vicenda in cui la liberazione di Almasri offre a un personaggio indagato per «associazione a delinquere nel reato di immigrazione clandestina» l'opportunità di presentarsi come vittima. Un modo come un altro per acquisire notorietà, dribblare le indagini dei giudici e attribuire al governo la propria persecuzione. Il tutto con un un polverone mediatico dai contorni assai poco chiari.

Anche perché come provano i documenti ottenuti da una fonte de Il Giornale la nostra intelligence sta accertando l'infondatezza e l'irrilevanza di alcuni filmati usciti dalla Libia e presentati in alcune trasmissioni televisive come la prova della atrocità commesse da Almasri. L'analisi della nostra intelligence dimostra che almeno due video esibiti come torture non riguardano il generale libico. I video trasmessi nella puntata del programma Carta Bianca dell'11 febbraio arrivano infatti dalla prigione di Qarnada situata in località Jabal Al-Akhdar circa 230 chilometri a est di Bengasi.

Quindi provengono da una struttura carceraria della Cirenaica controllata non dal governo di Tripoli, per cui lavora Almasri, ma dall'Esercito Nazionale Libico (Enl) guidato dal generale Haftar. Come dire vera e propria fuffa mediatica usata per influenzare e convincere l'opinione pubblica.

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