«Fino a quando indagavo su Berlusconi, mi facevano l'applauso; come cominciai ad indagare a sinistra, mi dissero: ma che fai, indaghi pure a sinistra?». È un Luigi de Magistris scatenato quello che domenica sera, ospite di Massimo Giletti a «Non è l'Arena», parla delle vicende di oggi (il caso Di Matteo, i guai del Dap e lo scandalo delle intercettazioni venute fuori dall'inchiesta di Perugia sul caso Palamara) collegandole alle sue vicende personali da pm, quelle che nel 2007 provocarono il suo allontanamento dall'indagine Why not. L'attacco frontale, ma non è una novità perché lo ha sempre detto (nel 2015, quando è stato assolto per Why not, ha parlato di «golpe istituzionale»), è all'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e all'ex ministro Nicola Mancino, che all'epoca era vicepresidente del Csm. Nuova, però, è la base dei suoi guai indicata dall'ex pm. Un'ammissione: «Fui allontanato per volere di Napolitano e Mancino. Il Csm, Napolitano e Mancino e tutte le correnti mi hanno fatto fuori, perché fino a quando indagavo su Berlusconi, mi facevano l'applauso; come cominciai ad indagare a sinistra, mi dissero: ma che fai, indaghi pure a sinistra?».
«Mi assumo la responsabilità penale e civile di ciò che dico», ripete più volte de Magistris. Il siluro contro Napolitano e Mancino arriva parlando di Franco Basentini, l'ex numero uno del Dap nominato dal Guardasigilli Bonafede al posto del pm antimafia Nino Di Matteo e che si è dimesso ai primi di maggio dopo le polemiche sui boss scarcerati per il coronavirus. «Quando è stato scelto Basentini - dice l'ex pm sindaco di Napoli - mi sono meravigliato, perché quando nel giugno 2007 feci una perquisizione al procuratore di Potenza scoprendo un grumo di interessi, gli stessi che stanno venendo fuori nel vicenda Palamara, il buon Basentini ebbe nodo di denunciarmi alla procura di Salerno, e poi quel sistema del ministero della Giustizia, avendo come giudice al Csm Mancino e come mandante Napolitano si mossero e io fui allontanato da quelle inchieste». De Magistris è un fiume in piena: «Quando ci furono magistrati onesti e coraggiosi alla procura di Salerno che cominciarono a indagare su quel sistema criminale e fecero perquisizioni e sequestri ad alcuni magistrati calabresi questi magistrati calabresi controsequestrarono il sequestro di Salerno, che è come dire che le guardie indagano sui ladri e i ladri di mettono a indagare sulle guardie... Napolitano insieme ad altri fecero uscire la guerra tra procure che portò il Csm a trasferire chi? I magistrati di Salerno e il presidente dell'Anm Palamara all'epoca disse: il sistema ha dimostrato di avere gli anticorpi. Ditemi voi se questa è una frase di un magistrato». De Magistris ne ha anche per Dino Petralia, il pm nominato a capo del Dap dopo Basentini: «Petralia ha avuto un ruolo determinante, sempre in quel Csm in cui c'erano Napolitano e Mancino, Petralia era componente della prima commissione del Csm. E allora dico: caro ministro, il M5s va col grido onestà onestà per dare forza ai magistrati coraggiosi, ma informatevi meglio».
Infine Nino Di Matteo, l'ex pm della trattativa Stato-mafia che ha intercettato Napolitano e Mancino (intercettazioni illegittime poi distrutte per ordine della Consulta).
Nello scontro con Bonafede de Magistris non ha dubbi: «Nino è uno dei magistrati più scomodi del nostro Paese perché ha avuto il coraggio e l'autonomia di fare una delle indagini più delicate, quelle sulla trattativa tra Stato e Cosa nostra, dove si è arrivati al punto vergognoso di distruggere alcune intercettazioni decisive».
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