Ancora grane familiari per Giuseppe Conte, una volta di più alle prese con gli incidenti imprenditoriali del «suocero», Cesare Paladino, papà della fidanzata del premier, Olivia, e proprietario del Grand Hotel Plaza di Roma, a 500 metri da Palazzo Chigi. Di lui si era già parlato per la norma che aveva «depenalizzato» il mancato versamento della tassa di soggiorno, e questo perché Paladino aveva scelto di patteggiare una condanna per aver evaso, appunto, quasi 2 milioni di euro, accettando una pena di un anno e due mesi per peculato e la restituzione della somma. Il «regalino», una norma contenuta nel decreto Rilancio, aveva insomma sgravato almeno dal punto di vista penale la sorte del «suocero». Che, però, ora è in un braccio di ferro con l'Agenzia delle Entrate che potrebbe creare nuovi imbarazzi al presidente del Consiglio.
Gli esattori pubblici, ha raccontato Franco Bechis sul Tempo, avevano inviato alle società di Paladino (sue e delle sue figlie, Cristiana e appunto Olivia) cartelle esattoriali per 36 milioni di euro di tasse e imposte in ritardo o non pagate. Somma notevole, che l'imprenditore aveva però scelto di farsi «scontare» aderendo alla «pace fiscale» varata dal governo del «genero», dopo aver tentato, invano, di farlo con le rottamazioni fiscali dei precedenti esecutivi. Stavolta, la rottamazione viene accolta per 27 di quei 36 milioni di arretrati. Che sono così diventati poco meno di 15 milioni e mezzo, quasi la metà, da pagare in dieci non troppo comode rate, a cominciare da luglio 2019. Scomode, già, perché 1,5 milioni di euro a botta non sono pochi, e infatti la società richiedente, la «Immobiliare di Roma-Splendido srl», aveva chiesto di ammortizzare i pagamenti in 18 rate. Così la società di Paladino ha deciso di fare a modo suo, e pagare solo la prima rata, per confermare l'adesione alla rottamazione, saltando il secondo pagamento che era previsto a novembre scorso. Nel frattempo, 13 mesi fa, il 7 agosto 2019, ha fatto ricorso contro l'accoglimento in dieci rate dell'Agenzia delle entrate, chiedendo, appunto, anche di sospendere i pagamenti fino a risoluzione della controversia.
Questioni di affari e non di famiglia? Non esattamente, sia per il ruolo ricoperto dal «genero», sia per un altro dettaglio che tanto secondario non è. Perché se a battagliare con il fisco è l'Immobiliare di Roma, a controllarla è la «Agricola Monastero Santo Stefano Vecchio», altra società della famiglia, che risulta intestata proprio a Olivia, la fidanzata di Conte, per il 47,5 per cento, quota identica a quella della sorella, mentre il restante 5 per cento è del fratellastro, John Rolf Shawn Shadow, figlio del primo matrimonio della compagna di Cesare, Ewa Aulin.
Insomma, per dare a Cesare quel che è di Cesare, e a Olivia quel che è di Olivia, è proprio la società della compagna di Conte quella impegnata nel braccio di ferro con le casse statali. E, come osserva Bechis, sarebbe lei, con il suo 47,5 per cento, ad avvantaggiarsi direttamente nel caso in cui l'Agenzia delle Entrate decida di piegarsi alla richiesta del ricorso, «diluendo» ulteriormente quelle 10 pesanti rate e concedendo la dilazione in 18 scadenze decisamente più abbordabili (860mila euro contro, appunto, un milione e mezzo a rata).
Conte era informato degli interessi del «suocero», e magari di quelli della sua stessa fidanzata? Magari no, ma ce n'è comunque abbastanza per far sentire odore di conflitto di interessi, e a far storcere il naso a quanti come molti esponenti del Movimento 5 stelle, per esempio hanno sempre condannato pratiche di questo genere.
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