Debito pubblico record, ora ritorna l'evasometro

Lo Stato deve 2.700 miliardi ai suoi creditori. Si ripensa al super-algoritmo di Conte & C.

Debito pubblico record, ora ritorna l'evasometro

Una crescita economica ai livelli del 1979, ma anche un debito pubblico che si avvicina pericolosamente a superare la soglia dei 2.700 miliardi di euro. È la fotografia dell'Italia di metà agosto che si appresta a utilizzare i primi 25 miliardi del Pnrr. Secondo un panel di analisti interpellato da Bloomberg, il Pil italiano quest'anno dovrebbe attestarsi quanto meno al +5,6%, in linea con le attese di molte istituzioni internazionali che ormai vedono già raggiunto il target del 6% che non si vedeva dalla fine degli anni '70. Ma a riportare tutti con i piedi per terra è stata la Banca d'Italia che ha segnalato come a giugno il debito pubblico si sia attestato a 2.696 miliardi, in crescita di circa 9 miliardi rispetto al mese precedente e con un lieve decremento degli investitori internazionali tra i detentori di titoli di Stato (il 32,3% del totale in base alle proiezioni di Reuters).

Questi dati fanno scattare l'allarme sostenibilità dei conti pubblici in vista del 2022, anno nel quale bisognerà programmare il rientro graduale nei parametri del Patto di Stabilità e al quale il Paese si affaccerà con un rapporto debito/Pil molto prossimo al 160 per cento. È lo stesso Pnrr a contenere le prime contromisure. L'obiettivo, infatti, è ridurre del 15% nel 2024 rispetto al 2019 la «propensione all'evasione» di tutte le imposte (tranne accise e Imu). Questo significa che, dati gli 84 miliardi di tax gap (la differenza tra il dovuto e l'incassato; ndr) indicati dall'ultima Nadef, si punta a un incremento degli introiti di 12,6 miliardi di euro nell'arco del prossimo triennio.

La strategia è già stata delineata nella roadmap inviata dal sottosegretario alla Presidenza del Conisglio, Roberto Garofoli, ai singoli ministeri. Il titolare dell'Economia, Daniele Franco, dovrà portare a 2,3 milioni le dichiarazioni Iva precompilate entro giugno 2023 e aumentare del 40% le «lettere di conformità» entro il 2024, con un 30% in più di gettito. Questo significherebbe, a regime, poter contare su introiti maggiori per 2,5-3 miliardi di euro annui solo con le comunicazioni che le Entrate inviano ai contribuenti dei quali si sospettano irregolarità nelle dichiarazioni. Un modo come un altro per aumentare l'autoliquidazione delle imposte da parte dei contribuenti desiderosi di non avviare un lungo contenzioso.

Il secondo indirizzo di politica tributaria è la messa a punto dell'«evasometro», il meccanismo studiato dal governo Conte-bis con la legge di Bilancio 2020: un algoritmo che incrocia i dati bancari, finanziari e contributivi di cittadini e imprese rendendoli preventivamente anonimi e facendo scattare i controlli nel momento in cui l'incrocio dei dati faccia emergere anomalie. Finora il meccanismo non è mai entrato in funzione per i rilievi del Garante della Privacy che da tempo sta mettendo a punto rimedi opportuni.

Ma le stime più benevole al tempo indicavano in 1,5-2 miliardi il gettito minimo ricavabile da questo «dissuasore occulto» anti-evasione. Purtroppo con un fardello di 2.700 miliardi di euro risulta più facile resuscitare l'«evasometro» che impostare una riforma fiscale efficace per la quale mancano le risorse.

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