Per molti dirigenti ma anche militanti del Pd, Matteo Renzi è sempre stato di «destra», persino quando fu loro segretario e li portò al 40%. Sarebbe un complimento per noi, ma per il popolo di sinistra è un'accusa infamante. Laddove con il termine «destra», il linguaggio post comunista intende non un conservatore o un moderato ma chiunque metta in discussione la centralità del partito, cioè della Ditta, come la definiva Bersani, e dei suoi dogmi. Allo stesso modo, era di «destra» Craxi, a cui non a caso Renzi veniva a volte accostato, e soprattutto Berlusconi, di cui era considerato un figlioccio (e anche questo sarebbe un complimento, ma non per loro). In realtà Renzi non è collocabile a destra: è un riformista liberale e progressista. Quindi, in un paese normale, dovrebbe stare in una coalizione di sinistra. Se però la sinistra italiana, dopo il tentativo (fallito) di auto riforma di Renzi, non fosse tornata ad ascoltare i richiami della foresta classici: tasse, assistenzialismo, vocazioni censorie. Pare quindi difficile che il partito di Renzi possa trovare posto nella riedizione di un Ulivo dirigista assistenzialista, in cui lo slogan unificante sembra essere «anche i ricchi piangono», come diceva Rifondazione comunista nell'Ulivo precedente. Renzi afferma di volersi ritagliare un ruolo di ago della bilancia tra le due coalizioni. Ma sarebbe cosi folle l'idea, per il centrodestra, di iniziare un dialogo con Italia viva? Certo il fattore umano conta, il passato anche, ma i leader politici non dovrebbero farsi schiacciare né dall'uno né dall'altro, se l'obiettivo da raggiungere è chiaro. In fondo, Matteo Salvini è stato vittima di Renzi nell'estate del 2019, eppure questo non ha impedito ai due di dialogare successivamente. Occorre che il centrodestra ritorni alla vocazione coalizzante dei tempi di Berlusconi: questa alleanza, ricordiamolo, andava dai socialisti fino alla destra radicale. Cosi come Berlusconi fu sempre assai abile a ricucire con ex alleati che si erano persi per strada: dalla Lega ai cespugli di centro. La vocazione coalizzante venne meno quando si decise di dare all'alleanza una forma partitica unica.
Bisogna prendere atto del fallimento della spallata plebiscitaria che, per un momento, il centrodestra aveva coltivato; come hanno mostrato le regionali dello scorso anno e le amministrative di poco fa. I voti sono assai meno certi di un tempo. Certo Renzi, peraltro figura ingombrante, in un futuro centrodestra sembra fantascienza. Ma potrebbe non essere cosi impossibile: magari cominciando dal Quirinale.
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