Lo dicono i numeri: era meglio tenersi il Cav

Gli effetti del colpo di Stato? Nuova disoccupazione, crisi aziendali, code alla Caritas, calo dei consumi

Lo dicono i numeri: era meglio tenersi il Cav

Ricorre l'anniversario della lettera che la Bce nell'agosto 2011 (con la firma di Trichet presidente uscente e di Draghi entrante) inviò al governo Berlusconi per chiedere una manovra aggiuntiva e per evitare le vendite internazionali di debito italiano e spagnolo e impedire il crollo dell'euro. Draghi non aveva certo accettato di fare il regista dell'euro per fargli il funerale. Voleva un motivo credibile per poter fare la sua contromanovra. Ma in Italia l'establishment e gli alleati Pd, entrambi avidi di potere e odiatori di Berlusconi, ne approfittarono per ordire una manovra per destituirlo. Dopo il libro di Friedman Ammazziamo il Gattopardo c'è una indagine in corso. Ma intanto è bene fare il bilancio degli effetti economici devastanti che quella avventata escogitazione ha provocato: nuova disoccupazione, crisi aziendali con suicidio del piccolo imprenditore, code alla Caritas per un piatto di minestra di ex colletti bianchi senza posto e futuro, calo dei consumi. E ora ristagno e affanno. Il governo Monti e quello Letta hanno fatto l'opposto di ciò che chiedeva e chiede la Bce. Data la ripresa di potere della Cgil e dei giustizialisti le riforme e i programmi di Berlusconi per la flessibilità del mercato del lavoro e per la moderazione fiscale sono state erosi o smantellati (vedi l'esonero della prima casa dalla tassazione). La Bce chiedeva di accelerare la riforma del mercato del lavoro e delle pensioni. Il governo Berlusconi stava lavorando alla piena approvazione legale dei contratti aziendali di produttività sperimentati dalla Fiat di Marchionne e alla introduzione dell'arbitrato per superare le aberranti applicazioni dell'articolo 18 alla non licenziabilità di assenteisti cronici (magari per vedere le partite di calcio) e sindacalisti che fan propaganda alla catena di montaggio. Inoltre la Bce chiedeva una limitata manovra aggiuntiva di bilancio mediante la riduzione della spesa per raggiungere gli obiettivi di «quasi pareggio» previsti dalle nuove regole europee (che il governo Berlusconi aveva rafforzato con una nuova regola costituzionale). La Bce chiedeva misure per rilanciare gli investimenti onde fare la stabilizzazione in regime di crescita. Berlusconi è stato tolto di mezzo con un inghippo mentre stava preparando le soluzioni. Gli è succeduto il governo «tecnico» del professor Mario Monti che volle «salvare l'Italia» con una terapia consistente nel più che raddoppio della tassazione degli immobili (con particolare riguardo a quelli storico artistici per cui l'onere è quasi triplicato) e con l'aumento di quella sulle rendite finanziarie. Piegandosi alla Camusso, Elsa Fornero ha parzialmente affossato la riforma Biagi e tenuto l'articolo 18 in versione sindacalese. Di suo ha fatto una riforma delle pensioni astratta e pasticciata che non ha avuto gli effetti previsti. Il 2012 è stato segnato da recessione e crescita del rapporto debito/Pil. Il governo Letta ha rincarato la tassazione degli immobili e inventato altri tributi: nuova recessione e aumento del rapporto debito/Pil. Renzi ha aumentato la tassazione delle rendite finanziarie e quella immobiliare. Al tempo di Berlusconi il rapporto debito/Pil era il 118%, ora è il 134%. La pressione fiscale viaggia sul 44,5%. La spesa non è stata tagliata.

Il bilancio stenta a arrivare al 2,6%, altro che quasi pareggio. Ci ha salvato la Bce con le sue manovre monetarie (che la Merkel ha accettato) dopo le nostre «donazioni di sangue umano». Conclusione: era meglio tenersi Berlusconi. Forse comincia a «farsene una ragione» anche Renzi.

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