Nessuna accusa alla cieca, ma una grande paura di fronte alla morte, prematura, di tanti suoi ex colleghi. L'ultima quella di Gianluca Vialli, suo compagno di squadra alla Juve trent'anni, di pochi giorni successiva a quella di Sinisa Mihajlovic. L'ex centrocampista Dino Baggio, 51 anni, oltre 300 presenze in serie A tra il 1990 e il 2004 e 60 con le Nazionali di Sacchi, Maldini e Zoff, in un'intervista tv si è detto preoccupato per i tanti calciatori della sua generazione scomparsi a causa di gravi malattie. In molti, sentendo le sue parole, avranno ripensato a quell'inchiesta sul doping che toccò la Juve dopo l'accusa di Zeman («fuori il calcio dalle farmacie»), portando sul banco dei testimoni lo stesso Vialli.
«Gianluca se n'è andato troppo presto, è stato terribile, ma il mio è un discorso generale e non è di sicuro la Juventus il bersaglio delle mie perplessità. Bisognerebbe indagare sulle sostanze che abbiamo preso in quel periodo, ho paura di star male anch'io...», le frasi di Dino Baggio. Preoccupato per la possibile correlazione tra sostanze assunte e appunto queste gravi malattie. «Il doping c'è sempre stato in tutti gli sport, io non ho mai usato sostanze proibite né mi sono state proposte, eravamo controllatissimi, dovevi passare dal medico sociale anche per curare una tonsillite...», ha detto ancora Baggio.
Troppa chimica in quegli anni, tra integratori e sostanze iniettate ai calciatori oltre ai diserbanti usati per la manutenzione dei campi di calcio. «Ricordo che l'erba del terreno dove giocavamo aveva un odore strano, non come quella del giardino di casa tua quando la tagli - la sottolineatura dell'ex centrocampista veneto -. Ecco, mi piacerebbe conoscere gli effetti a lungo termine di questi prodotti chimici sul mio corpo. Gli integratori non erano illeciti, ripeto, ma ora non si prende più quello che si prendeva negli anni '90».
La necessità di approfondimenti su alcune malattie troppo ricorrenti nel calcio era stata già sottolineata dal presidente della Lazio Claudio Lotito subito dopo la morte di Mihajlovic e negli ultimi, inutili, scampoli di resistenza al tumore di Vialli: «Potrebbero essere legate al tipo di stress, alle cure. Non c'è nessun discorso scientifico, ma ci dobbiamo chiedere perché sono così frequenti».
«Lasciate in pace Vialli, non sto pensando a lui come a un oggetto di indagine, ma come ha detto Dino Baggio ci sarebbero tante domande da fare... - ha detto il dirigente ed ex calciatore Walter Sabatini -. La moria di calciatori è lunghissima e i sospetti sono consistenti e giustificabili, legati ai metodi di una volta: non erano probabilmente sistemi di doping, ma un sistema di sostegno integrativo che portato a dosi eccessive. Ci si accorge dopo dei danni? Ci sono passato anche io quando avevo 18 o 20 anni, passavano i medici ti facevano punture e non sapevo quello che mi iniettavano, mi fidavo di loro. Per ora sono stato fortunato...».
Dal caso «madre» del viola Bruno Beatrice - «ucciso» da una serie killer di Raggi Roentgen per curare una pubalgia che gli provocò una leucemia linfoblastica acuta - centinaia sono state le morti misteriose nel calcio italiano. E nel 2005, ha ricordato Avvenire pochi giorni dopo la scomparsa di Vialli, l'ex giudice della Procura di Torino Guariniello che istruì il primo processo penale per doping nel pallone, affidò all'Istituto Superiore di Sanità la ricerca che venne effettuata su un campione di 24mila calciatori di serie A, B e C. La ricerca si chiuse con 350 giocatori morti per diverse patologie e l'allarme per l'incidenza raddoppiata di decessi per tumore al pancreas. Proprio quello fatale all'ex sampdoriano.
In quello studio, inoltre, si denunciò per la prima volta anche l'incidenza della Sla (Sclerosi laterale amiotrofica). Male oscuro per il quale Vialli con Massimo Mauro aveva creato la Fondazione che reca i loro nomi al fine di finanziare la ricerca scientifica.
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