Parole d'ordine: calma e tranquillità. A La7 non ci sono né panico né il tutti contro tutti di cui si vocifera. La versione ufficiale è questa. Si lavora tranquilli. Il campionato è appena iniziato e non si licenzia l'allenatore dopo la prima sconfitta, seppur clamorosa. Il 3,46 per cento di share (755mila telespettatori) fatto registrare da diMartedì di Giovanni Floris corrisponde a meno di un terzo dell'11,76 (2 milioni 503mila spettatori) conquistato da Ballarò di Massimo Giannini. Però, ci si rimbocca le maniche e si lavora per raddrizzare la baracca.
Sarà così. Sarà tutto vero. Tuttavia filtrano a ripetizione spifferi sul pessimo umore di Cairo. C'è chi lo dà furibondo. Chi contrariato. Chi furioso. Questione di sfumature e di sinonimi. La sostanza è che la gestione della vicenda Floris è una sequela di svarioni che all'editore non sono sfuggiti. Innanzitutto: la partenza con una settimana di anticipo di diciannovEquaranta ha sgonfiato l'attesa per l'esordio di diMartedì . Un errore strategico colossale. Poi la qualità del talk show, l'assenza di novità nelle formule e nei linguaggi, una certa abitudinarietà degli ospiti, i problemi tecnici e l'audio difettoso nell'intervista a Eugenio Scalfari. Se produci il format all'esterno, devi fornirlo chiavi in mano perfetto. Altrimenti... Il bersaglio delle critiche di Cairo sarebbe Beppe Caschetto, agente di Floris e produttore con la sua ITC 2000 di entrambi i programmi, per giunta profumatamente pagati. A cominciare dal conduttore stesso, 4 milioni in tre anni, magari con tanto di bonus legati all'audience. In caso di flop come la mettiamo? Secondo le malelingue, male. Malissimo. «Come si è già ripetutamente visto in questo primo anno, Cairo è uno tosto sui soldi», sibila qualcuno. Potrebbe pretendere di rivedere gli accordi contrattuali.
Qualcun altro si appella a considerazioni strutturali. I talk show costano poco. E tutte le volte che La7 ha provato a sperimentare generi diversi dall'informazione è stato un flop. Perciò, «diamo tempo a Floris. Aspettiamo che il campionato entri nel vivo e la politica si svegli», auspica una voce autorevole. Ma chissà se Cairo avrà la pazienza necessaria. Il malumore serpeggia nelle redazioni. Dopo l'addio di Paolo Ruffini, fine aprile scorso, Cairo non ha ancora nominato un nuovo direttore. E in una rete affollata di conduttori e primedonne diventa difficile stabilire gerarchie e priorità.
A complicare ulteriormente la situazione ci si è messa anche la sfortuna dell'indisposizione di Lilli Gruber. La concomitanza con l'esordio di diMartedì ha dato la stura a una serie di supposizioni. Anche perché il malore della conduttrice si è palesato proprio la sera in cui Floris aveva ospitato nel suo preserale il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini. Secondo i beninformati un accordo con Cairo e tra Giovanni e Lilli, seguiti dallo stesso agente, aveva stabilito che i politici sarebbero stati esclusiva di Otto e mezzo , mentre diciannovEquaranta avrebbe avuto carta bianca su opinionisti e grandi firme. Secondo questa ricostruzione, l'ospitata della ministra rappresentava una violazione di quell'accordo. Proprio la sera di lunedì, inoltre, Lilli avrebbe intervistato Floris per lanciare diMartedì . Invece, è saltato tutto. Coincidenze maligne: in cinque anni mai la Gruber aveva marcato visita una volta. E dunque... Invece, ha dichiarato Mentana, «ogni dietrologia diversa da quella dell'indisposizione» è da rigettare. Il suo malessere è reale e forse non di rapidissima guarigione. Al punto che si è pensato alla sostituzione con un Faccia a Faccia condotto dallo stesso Mentana. In attesa, secondo Dagospia , di spostare lo stesso Floris dopo il tg. Insomma, una quadra complessa.
Ecco spiegate le versioni ufficiali e il malumore di Cairo. Ha puntato sull'informazione e preso il miglior conduttore giovane. Ma il risultato è che nella prima settimana della stagione in testa agli ascolti ci sono Ballarò di Giannini e Virus di Nicola Porro.
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