Dopo aver tanto parlato di un nuovo corso volto a ricostruire un diverso rapporto tra Stato e contribuenti, il rischio è che i risultati siano un po' deludenti. Lo si vede da come sta per concretizzarsi la cancellazione delle cartelle esattoriali di entità non superiore ai mille euro, perché sembra proprio che alla fine ci si trovi dinanzi non già a un condono delle mini multe ma semmai a un mini-condono.
Mentre inizialmente tutte le pendenze di piccola entità e relative al periodo 2000-2015 dovevano essere annullate direttamente dall'Agenzia delle Entrate, che a partire dalla fine di marzo avrebbe dovuto provvedere alla loro cancellazione automatica, la decisione se eliminare oppure no queste imposte dovrà essere degli enti locali. All'origine di questo dietro-front c'è lo stato spesso disastroso dei bilanci di tanti Comuni, ma è egualmente vero che questi crediti sono spesso di difficile giustificazione.
È il caso, in particolare, delle multe appioppate agli automobilisti, che in troppe situazioni sono soltanto un modo assai bizzarro, irrazionale e arbitrario utilizzato da numerose amministrazioni locali per finanziarsi: in qualche situazione anche elevando i limiti di velocità dove non c'è alcuna giustificazione, a parte la quasi certezza di riuscire a trovare molti pesci nella rete.
In verità, la scelta originaria di procedere a quello che l'opposizione bollava come un'iniqua amnistia derivava da esigenze più che fondate. Innanzi tutto c'è un'esigenza tecnico-amministrativa (ridurre il peso degli arretrati che gravano sugli uffici, dato che ben 19 milioni di italiani hanno debiti pendenti con lo Stato), ma oltre a ciò vi è pure la volontà politica del centro-destra di prendere le difese di quanti sono stati tartassati e oppressi dal sistema fiscale. Ora però c'è il rischio che per molti cittadini agli annunci non facciano seguito i fatti.
A seguito delle rimostranze dell'Anci (l'associazione dei comuni, guidata dal barese Antonio Decaro, del Pd), che ha valutato in 350 milioni le possibili perdite per le amministrazioni locali, il governo ha lasciato ai comuni la facoltà di stracciare o meno le cartelle esattoriali. Chi quindi ha qualche conto in sospeso non può sapere se verrà chiamato a pagare oppure no.
È chiaro che da questo pasticcio il governo non esce benissimo. Ora però la palla è nelle mani dei sindaci e quindi sta ai cittadini giudicare il comportamento degli eletti: rilevando, ad esempio, come già una serie di primi cittadini del Pd non intendano rinunciare a quelle entrate. L'idea che un bilancio stia in piedi riducendo le spese, d'altra parte, è del tutto estranea a quella cultura politica.
Adesso i sindaci decideranno e starà
poi a noi, alla fine, valutarne l'operato. E in fondo questa competizione tra amministratori può orientare l'intero sistema verso comportamenti più virtuosi: meno imposte e migliori servizi, meno sprechi e più buongoverno.
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