
Non sono in grado, per fortuna del Papa e dei lettori, di stilare una sintesi teologica di pensiero, parole e opere di Francesco. Ho però stampata dentro di me, e la porterò dietro finché vivo, la cronaca dell'incontro che la mattina del 1° giugno 2024 ho avuto il privilegio di avere con lui, scambiando poche frasi, e ricevendo il suo sorriso senza riserve e la sua benevolenza inaspettata, proprio per me.
Ero nella piccola delegazione che, con la famiglia Angelucci e il direttore Alessandro Sallusti, veniva ammessa in udienza dal Pontefice per festeggiare i cinquant'anni di vita de il Giornale.
Appena introdotto nella sala, ancora intimidito dalla bellezza degli affreschi di Raffaello che circondavano i miei passi, mi trovo innanzi il Papa che con l'indice della mano destra punta proprio me. E mi dice: «Io lei la conosco». Ho l'impulso di girarmi. Non c'è dietro alcun porporato o cavaliere del Santo Sepolcro. Che fa, mi caccia? Dice proprio a me. Aggiunge in tono di simpatia: «Abbiamo molti pensieri in comune». Capisco che aspetta una conferma, non mi ero preparato a dire nulla. Rispondo d'impeto: «Specialmente sull'eccesso di frociaggine, immagino». La sua risata franca mi incoraggia, aggiungo, anche per passare per persona seria e compresa dei gravi problemi dell'umanità: «Non solo su quello, su tante cose, ma pensiamo allo stesso modo soprattutto sulla pace». E poi mi fa avvicinare, mi stringe la mano: ricordo adesso, mentre scrivo, la sento ancora premere morbida sul mio palmo, calda, e mi viene da sfregarmela sulla testa. Sussurra: «Lei è l'orgoglio d'Italia». Adesso a ridere è il sottoscritto: «Io... io... io...? Mi sento solo un cretino!». Lui di rimbalzo: «Anche io».
Alla fine un monsignore mi porge la corona del rosario. Vista la confidenza da lui instaurata, oso scherzare: «Che me ne faccio di questa corona? Credo poco in Dio». E Francesco prontissimo. «Qualche volta anche io. Ma poche volte. (ride). La regali a sua moglie che sono certo gradirà (serio)». Mi sono accorto di aver usato il tempo presente. Non accetto l'«ei fu» destinato agli eroi.
Enoe ha gradito la corona. È stata lei stamani a darmi la notizia della morte di Francesco. Non mi vergogno: ci siamo commossi insieme, lei aveva in mano il rosario del Papa.
Il mezzogiorno di Pasqua, Francesco ha voluto salutare tutti. Il mondo dal balcone e i bambini in piazza San Pietro. L'ultimo suo atto non è stato in mezzo ai potenti, ma tra quelli che sono stati ore e ore ad attendere quell'uomo vestito di bianco in carrozzella. Non riusciva nemmeno ad alzare la mano per l'infinita debolezza. Era già morto. Ci ha benedetti e salutati dall'aldilà. Che cosa vedeva lo so: vedeva i poveri cristi, vedeva noi.
Da quel 1° giugno, ammetto, mi sono rimaste dentro molte domande.
Le ho espresse proprio nell'editoriale per la Pasqua: su Gesù Cristo, da dove venga, chi sia davvero. Questi enigmi credevo di averli risolti. Me li ha rimessi in gioco questo Papa, ancora domenica scorsa, diavolo di un Bergoglio.
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