Novak Djokovic vince da solo. Contro l'avversario e contro tutti gli altri. Non è vero che il tennis è uno sport singolo. Può essere una sfida uno contro tutti. Ed è quello che è successo ieri a Wimbledon, dove il numero uno del mondo ha giocato contro il numero uno di sempre, contro quel monumento vivente che è Roger Federer. Lo svizzero giocava per la storia. La sua e quella del tennis: prendersi l'ottavo trofeo del torneo più importante, cosa mai accaduta prima. Tutti con lui: i quindicimila del campo centrale di Wimbledon e mezzo mondo collegato in tv. Perché Federer è il tennis: l'eleganza, lo stile, la classe. Perché Federer aveva giocato venerdì in semifinale la partita perfetta. Perché Wimbledon è casa sua, non di origine né di passaporto, ma di gioco: amato da sempre e soprattutto da quando tra il 2003 e il 2012 ha vinto il torneo sette volte.
C'era tutto questo contro Djokovic: l'avversario, il pubblico, la storia. Novak s'è messo lì, meno elegante, meno bello, meno amato: ha giocato a tennis con il braccio, con le gambe e con la testa. Ha vinto. Dimostrando che il tennis è uno sport caldo e stupendo, dove ci si rispetta, ma dove vincere conta sempre e comunque di più. Uno sport dove non sempre alza la coppa il giocatore con più classe, ma la alza sempre chi ha giocato meglio.
L'ha fatto Djokovic ieri, rendendo tristi molti appassionati che vorrebbero che il numero dei successi di Wimbledon certificasse con la statistica quello che il mondo già sa. Che Federer è il più grande di sempre. Semplicemente non ieri, però.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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