Era una delle rivendicazioni urlate dai tetti delle ventidue prigioni che tra l'8 e il 9 marzo erano insorte contro le restrizioni e le paure dovute al coronavirus: l'allargamento delle maglie per accedere agli arresti domiciliari, scontando la pena fuori dalle mura dei penitenziari. Ma anche da giudici ed avvocati era arrivata la richiesta di una misura straordinaria svuotacarceri, per limitare l'impatto di eventuali focolai in istituti da sempre sovraffollati.
Ed ecco che dal ministero della Giustizia arriva il provvedimento che punta proprio sugli arresti domiciliari per allentare la pressione sulle carceri, aprendo le porte a migliaia di potenziali scarcerazioni. L'articolo 120 del nuovo decreto coronavirus prevede che siano ammessi a scontare la pena a casa o in comunità tutti i detenuti che abbiano meno di diciotto mesi da scontare. Non è un indulto (che sarebbe dovuto passare per l'approvazione del Parlamento) ma è comunque una misura eccezionale, anche perché i giudici di sorveglianza potranno liberare i detenuti senza aspettare la relazione delle direzioni carcerarie.
I capi della rivolta, i detenuti che all'inizio della scorsa settimana hanno guidato sommosse e devastazioni, però non potranno beneficiare della conquista. Il decreto tra le cause di esclusione dal beneficio indica l'avere ricevuto rapporti disciplinari in seguito alle rivolte. E non potranno uscire, anche se a meno diciotto mesi dalla fine della pena, neanche i detenuti condannati per i cosiddetti reati «ostativi»: mafia, terrorismo, corruzione e pochi altri.
Tutto da verificare in concreto l'impatto della clausola che prevede che «ove possibile» chi va ai domiciliari venga munito di braccialetto elettronico per essere controllato a distanza. Il problema è che i braccialetti sono da tempo esauriti, al punto che per essere ammessi ad utilizzarli i detenuti devono spesso sottostare a lunghe liste d'attesa. Ma dal testo letterale del decreto, almeno nella versione circolata finora, sembra di capire che i detenuti con meno di un anno e mezzo di pena residua potranno andare a casa comunque, con o senza braccialetto.
Di dubbi interpretativi, d'altronde, ne sta ponendo anche la parte dei decreti coronavirus che affronta l'altro versante dell'emergenza giudiziaria, ossia il congelamento dei processi civili e penali.
Nel nuovo testo, che proroga dal 22 marzo fino al 15 aprile la sospensione di tutte le udienze (con poche eccezioni) il governo è dovuto intervenire chiarendo che la sospensione della prescrizione riguarda tutti i processi, e non solo quelli coinvolti dal rinvio in queste settimane. Bloccati anche i termini massimi di custodia cautelare in carcere.
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