Doppia vita di D'Onofrio. L'ex giudice dei fischietti era un narcotrafficante

È tra i 43 arrestati in una maxi inchiesta Bare e libri usati per far viaggiare l'hashish

Doppia vita di D'Onofrio. L'ex giudice dei fischietti era un narcotrafficante

Arrestato per narcotraffico, si dimette da procuratore capo dell'Aia. Rosario D'Onofrio, ex militare, già indagato per traffico internazionale di droga, da giovedì di nuovo in manette con altri 42 narcos di mezz'Europa per aver importato sei tonnellate fra hashish e marijuana dalla Spagna in Lombardia in due anni era a capo dell'ufficio che indaga sulle irregolarità degli arbitri di calcio. Ieri ha firmato le sue dimissioni.

Già nel mirino della Figc, la Federazione Italiana Gioco Calcio, per la mancata apertura di un procedimento disciplinare e la «messa in opera di attività inquirenti in assenza di un formale procedimento», D'Onofrio era da tempo intercettato dalla Guardia di Finanza assieme ad altri. Un giro a sei zeri: denaro a palate sotto forma di bitcoin, riciclato all'estero con complicati meccanismi di compensazione informale, l'hawala e il fei chien, sistemi di trasferimento valori basati su una rete di mediatori in Medio Oriente, Nord Africa, Corno d'Africa e Asia meridionale.

Tutte operazioni underground, all'apparenza sotto traccia. Non abbastanza da sfuggire agli esperti del Gico e dello Scico della Gdf che, coordinati dalla Dda di Milano, li hanno seguiti per mesi attraverso le rotte che dai Paesi produttori portano nell'Italia settentrionale. Nascosta nei carri funebri, mescolata alla frutta e verdura, la droga veniva smistata e distribuita ovunque. Venduta anche a personaggi del mondo della musica rap, come un paio di clienti legati ad artisti famosi come Sfera Ebbasta o Izi, non indagati.

In un'intercettazione si parla di un debito di 2mila euro di un certo Tano del giro del primo cantante, in un'altra di un cliente abituale, manager del secondo. D'Onofrio, in questa storia di narcos, avrebbe avuto un ruolo di primo piano. Soprattutto durante il lockdown quando, indossando la vecchia divisa per aggirare i controlli, viene bloccato mentre consegna droga e soldi a oscuri cittadini cinesi perché li trasferissero illegalmente in Spagna. Nonostante questo D'Onofrio prosegue il suo incarico nell'Aia: entrato nella «disciplinare» nel 2013 con la presidenza Nicchi, poi nominato sotto quella di Alfredo Trentalange a capo dell'ufficio che indaga su eventuali irregolarità degli arbitri.

Una storia degna di una fiction, che ricalca quella dei carichi milionari portati dal Marocco attraverso la penisola iberica dal clan Fasciani. Nascosti nei camper usati per le vacanze, disciolta nei parabrezza o spalmata sulle pagine di libri antichi. Un affiliato, Giovanni Tilleni, dipendente di un'impresa di pompe funebri, arrestato con altri italiani, spagnoli e albanesi, le partite di droga le metteva direttamente nelle bare, assieme al defunto. Fra i soci di D'Onofrio, considerato un tipo «in gamba di brutto», Cesare Guido, Andrea Buffa, Daniele Giannetto, Vito Colonna, Cristian Ruiz Tudela e Giovanni Neviera, affiliato al clan mafioso Abbaticchio di Bari. Per rifarsi dei carichi persi il gruppo intensifica investimenti e spedizioni. Sconcerto nel mondo del calcio.

«Ho subito chiesto riscontro al presidente Trentalange - commenta Gabriele Gravina, presidente della Figc - sulle modalità di selezione del Procuratore, in quanto la sua nomina è di esclusiva pertinenza del Comitato Nazionale su proposta del presidente dell'Aia. Una cosa è certa, la Figc assumerà tutte le decisioni necessarie a tutela della reputazione del mondo del calcio e della stessa classe arbitrale».

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