Draghi si candida al dopo Merkel

Per un giorno, il Global health summit trasforma Roma nella capitale mondiale della salute e della lotta al Covid, con Mario Draghi a fare gli onori di casa a fianco di Ursula von der Leyen.

Draghi si candida al dopo Merkel

Per un giorno, il Global health summit trasforma Roma nella capitale mondiale della salute e della lotta al Covid, con Mario Draghi a fare gli onori di casa a fianco di Ursula von der Leyen. Un palcoscenico sul quale il premier si muove con disinvoltura, mostrando - non solo in conferenza stampa - un certo feeling con la presidente della Commissione Ue.

Una circostanza casuale e legata al fatto che l'Italia ha la presidenza di turno del G20, certo. Ma che potrebbe essere il primo passo di un percorso che può portare Draghi ad essere la prossima voce forte dell'Europa. A settembre, infatti, le elezioni in Germania dovrebbero certificare l'annunciata uscita di scena di Angela Merkel, mentre fra meno di un anno si voterà anche in Francia, con Emmanuel Macron che dovrà necessariamente entrare in campagna elettorale. Assolutamente plausibile, dunque, che il premier italiano possa ritagliarsi uno spazio di manovra importante, facendo leva sulla stima di cui gode oltre i nostri confini e sulla conoscenza che ha della macchina burocratica europea con cui ha avuto lungamente a che fare quando era alla guida della Bce. Senza dimenticare il suo rapporto diretto con il presidente americano Joe Biden. Una consuetudine iniziata quando alla Casa Bianca c'era Barack Obama. Che - è stato raccontato in diverse occasioni - nei momenti decisivi delle crisi finanziarie si rivolgeva al suo vice Biden con un eloquente «chiama Mario».

Non è un caso, dunque, che proprio sui vaccini si sia saldato l'asse con Washington. Con Draghi che ha sostenuto la proposta di Biden di sospenderne i brevetti. Idea che non convince affatto la Merkel. Ma che ieri è stata rilanciata con forza al summit di Roma. L'Italia, è il messaggio lanciato dal premier italiano, è favorevole a una sospensione dei brevetti sui vaccini per il Covid-19 - in modo mirato e limitato nel tempo, così da non mettere a repentaglio l'incentivo a innovare per le aziende farmaceutiche - e intanto mette in campo 300 milioni di euro e 15 milioni di dosi per i Paesi poveri. Perché, ha ribadito più volte l'ex numero uno della Bce, «vogliamo mettere a frutto le lezioni del passato». Insomma, in futuro bisogna evitare di «chiudersi in se stessi come hanno fatto quasi tutti i Paesi all'inizio della pandemia». L'obiettivo, dunque, è «evitare l'egoismo che ha caratterizzato le nostre decisioni» nel momento dell'emergenza. Anche in vista di possibili «crisi sanitarie future». Di qui l'intenzione di creare un sistema «multilaterale» di prevenzione e contrasto a eventuali nuove pandemie. Nell'immediato, su questo fronte, l'Italia contribuisce con «300 milioni per il fondo Covax e 15 milioni aggiuntivi di dosi». Anche se ancora più importante è «aiutare i Paesi a basso reddito, compresa l'Africa, a produrre i propri vaccini».

Intanto, la convinzione è che in Europa il peggio sia ormai alle spalle. «La normalità sembra vicina, dopo un anno e mezzo iniziamo a vedere la fine della tragedia», dice Draghi al termine del summit di Roma che riunisce in videoconferenza da Villa Pamphili i leader di tutto il mondo e i principali produttori di vaccini. E proprio Pfizer, Moderna e J&J si sono impegnati per il biennio 2021-2022 a mettere a disposizione dei Paesi a basso e medio reddito 3,5 miliardi di dosi a prezzo di costo o scontato.

Il premier, infine, rinnova l'invito ai turisti di tutto il mondo a venire in Italia: «Vi sarà a

livello europeo un green pass sul quale ci stiamo coordinando con la Commissione Ue. Ma nel frattempo avremo il nostro green pass nazionale. Le mascherine? Non è ancora l'ora di lasciarle a casa, magari tra un paio di mesi...».

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