A due familiari del boss i fondi delle vittime di mafia

La moglie e la suocera di un affiliato al clan Gionta percepivano dal 2002 l'assegno di 600 euro al mese

A due familiari del boss i fondi delle vittime di mafia

Moglie e suocera di un affiliato al clan camorristico Gionta di Torre Annunziata hanno percepito indebitamente per quindici anni il vitalizio che spetta ai familiari delle vittime della criminalità organizzata.

Il caso è finito nel mirino della procura di Torre Annunziata (Napoli), che ha emesso un decreto d'urgenza già eseguito dalla Guardia di Finanza per sequestro preventivo dei beni per un valore di oltre 166mila euro nei confronti delle due donne.

Si tratta di Marina Ermenti, vedova di Antonio Frizzi, e della figlia Anna. Il padre rimase ucciso insieme ad altre sette persone nella strage di Sant'Alessandro, che avvenne il 26 agosto 1984, quando gli uomini della cosca di Bardellino massacrarono i Gionta nella guerra per assicurarsi il traffico di droga. I killer, a bordo di un autobus turistico, aprirono il fuoco davanti al circolo dei pescatori a Torre Annunziata: otto persone rimasero uccise e sette gravemente ferite. Nel febbraio 2002, a diciotto anni di distanza, le due donne hanno ottenuto dal ministero dell'Interno un assegno vitalizio, 600 euro al mese, che spetta ai familiari delle vittime della camorra, ai sensi della legge 407/1998. Ma quel denaro non era dovuto, perché nel frattempo nel 1999 Anna Frizzi si era sposata con il capoclan Pietro Izzo, condannato per traffico di droga e trasferimento fraudolento di beni e da gennaio 2017 nel carcere di Napoli-Secondigliano per 416bis, rapina ed estorsioni.

Izzo è stato condannato il 18 giugno del 2018 con sentenza definitiva. La moglie, però, non ha mai denunciato quel matrimonio per poter continuare a ricevere l'assegno. E quando la prefettura ha invitato le due beneficiarie ad aggiornare i dati che le riguardavano, per evitare che percepissero l'assegno persone prive dei titoli per farlo, Anna ha mostrato una finta separazione consensuale, omologata il 18 maggio 2010 dal Tribunale di Torre Annunziata.

Ma gli accertamenti dei militari della Finanza, coordinati dal colonnello Agostino Tortora, hanno dimostrato che si trattava di un falso, tanto che nel 2017 la coppia aveva avuto un'altra figlia e la donna non aveva mai smesso di andare a trovare il marito in carcere.

«Esprimo, insieme ai familiari delle vittime innocenti della criminalità, sdegno e indignazione - tuona Carmen Del Core, presidente del Coordinamento campano familiari delle vittime innocenti della criminalità -. Uno schiaffo alla memoria dei nostri cari e al loro sacrificio.

Reso ancora più violento dal fatto che tanti innocenti, che realmente avrebbero diritto al vitalizio previsto dalla legge, incontrano sul loro cammino ostacoli burocratici insormontabili, che rendono impossibile il godimento dello stesso. Ma noi non ci arrendiamo, anche se in situazioni come questa la tentazione di cedere sarebbe naturale».

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