Due indagini, due flop Renzi archiviato a Roma. Il papà assolto a Firenze

I pm: niente false fatturazioni per la serie tv. La sentenza sui genitori ribaltata in Appello

Due indagini, due flop Renzi archiviato a Roma. Il papà assolto a Firenze

Può una inchiesta giudiziaria infilarsi in un accordo commerciale, decidere se un affare è stato buono o cattivo, se è andato male per qualche motivo o se era fin dall'inizio destinato a finire in un buco? Sì, pensava la Procura di Roma quando - sulla base di una segnalazione della Banca d'Italia, andò a frugare nei rapporti economici tra Matteo Renzi e Lucio Presta, il più potente e onnivoro agente televisivo italiano. Per due anni la Guardia di finanza, su ordine dei pm Paolo Ielo e Stefano Pesci, ha scavato nel mondo impalpabile dei diritti tv e dei contratti di rappresentanza. Tesi d'accusa: l'accordo tra Presta e l'ex presidente del Consiglio nascondeva un finanziamento illecito. Risultato finale, secondo gli stessi pm: non è saltata fuori nessuna prova di reato su cui poggiare un processo ai due. Richiesta d'archiviazione, accolta dal giudice per le indagini preliminari, e un caso, ampiamente pompato dai massmedia che si sgonfia.

Come pure un'altra indagine che aveva creato a Renzi più di un dispiacere, l'accusa ai suoi genitori di false fatturazioni: nelle motivazioni della sentenza d'appello, depositate ieri, si smonta per intero la ricostruzione della procura di Firenze.

Al centro dell'indagine romana su Matteo Renzi e Lucio Presta, due aspetti degli accordi tra il politico e l'agente. Il primo riguardava il documentario in quattro puntate Firenze secondo me, scritto da Renzi insieme a Sergio Rubino e andato in onda tra il dicembre 2018 e il 2019. Il secondo tema dell'indagine era il contratto di esclusiva con cui Renzi affidava a Presta la rappresentanza integrale delle sue prestazioni come autore. A convincere i pm romani che soprattutto sul primo punto si celassero accordi illeciti tra i due, la sproporzione tra il cachet versato da Presta e Renzi, 454mila euro, e l'incasso di ventimila euro fatturato dall'agenzia di Presta a Discovery, titolare del canale Nove, per la messa in onda. Oltre a Renzi e Presta era stato iscritto tra gli indagati il figlio di quest'ultimo, Niccolò.

Nel luglio 2021 la Procura di Roma aveva inviato le «fiamme gialle» a perquisire Arcobaleno Tre, la società fondata da Presta senior e controllata fino a poche settimane prima dai due figli di Presta, Beatrice e Niccolò. Dalle carte sequestrate erano partiti lunghi e complessi accertamenti. Alla fine, a convincere la Procura romana a chiudere tutto con un nulla di fatto sono state da un lato la legge Cartabia, che impedisce il rinvio a giudizio quando «gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna»; e dall'altro la oggettiva difficoltà di dimostrare che Presta sapeva fin dall'inizio che il documentario di Renzi sarebbe stato un flop. Certezza, in un mercato fluido come quello dello spettacolo, assai difficile da acquisire.

A rendere nota l'archiviazione dell'indagine è stato ieri Lucio Presta, ringraziando i pm di Roma «per aver avuto la professionalità e l'equilibrio che hanno garantito di salvaguardare la mia rispettabilità, la mia professionalità, la vita mia e quella di mio figlio Niccolò».

Nelle stesse ore a Firenze venivano depositate le motivazioni dell'assoluzione di Tiziano Renzi e Laura Bovoli, genitori del leader di Italia Viva, che in primo grado erano stati condannati a un anno e nove mesi.

Invece per i giudici d'appello babbo Renzi non voleva frodare il fisco. «Non emergono elementi idonei a provare che gli imputati, che perseguivano interessi di tutt'altra natura, si siano determinati ad agire con la previsione dell'indebito vantaggio fiscale».

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