Milano - È senza dubbio la Miss Sondaggi indiscussa. Ci becca sempre. Non a caso sono anni che Silvio Berlusconi, specie a ridosso delle elezioni la chiama: «Alessandra, venga qui». E lei, la Ghisleri, sono da anni corre. Dal Cavaliere ma non solo perché quando c'è da tirar fuori il termometro e misurare le opinioni degli italiani, se sgarra lo fa di un'inezia. Spazia in tv, da Rai a Mediaset, e snocciola dati che il più delle volte anticipano l'azione degli italiani. Ecco perché funziona. Ecco perché è scomoda. E lei, la Ghisleri, non lo nasconde affatto nel suo nuovo libro «La Repubblica dei sondaggi» (edizioni Piemme). Un volume ricco di spunti ma non appesantito da percentuali e numeri. Le cifre, ovvio, non mancano ma le 200 e rotte pagine sono molto di più di una storia d'Italia fatta con tabelle e grafici. Il suo libro è un appassionata e appassionante carrellata dalla fine della Prima Repubblica ad oggi. Lei c'era; studiava, suggeriva, analizzava, c'azzeccava e ora ricorda. Racconta chicche delle origini, quando il Cavaliere decise di scendere in campo. Un Berlusconi instancabile e maniacale «Nulla era lasciato al caso: tutto veniva testato, studiato, analizzato e verificato, da ogni singola affermazione a ogni singola caratteristica di ogni singola area di ogni singola città in cui avrebbe avuto luogo la campagna». Pignolo e vincente. E l'immagine conta eccome: «Una volta mi pregò di accompagnare una possibile candidata in un negozio del centro per rivestirla in una maniera più consona alla riunione che si sarebbe tenuta da lì a poco».
Lei ha suggerito campagne elettorali ma soprattutto ha fatto carotaggi nel terreno dell'opinione pubblica, spiattellando risultati spesso in controtendenza rispetto ai concorrenti. Come alle Politiche del 2006. Tutti a dire che Prodi avrebbe stravinto. Lei no. «Unione e Casa delle libertà sono lì lì». «Un noto giornalista scrisse che sarebbe stato meglio e più utile se mi fossi dedicata al mestiere più antico del mondo piuttosto che sparare numeri a caso». Risultato: il Cav perderà per soli 24mila voti. Ma si sa, gli occhiali dell'ideologia distorcono la realtà. Spesso scomoda; spesso bislacca come bislacchi siamo noi italiani. Dalla Seconda Repubblica a oggi abbiamo messo sul trono il salvatore della Patria di turno, salvo poi voltargli le spalle nel giro di un nano secondo. È accaduto con Berlusconi all'apice del discorso di Onna; con il professor Monti, prima semidio in loden e poi tecnico tassatore; con Renzi, prima pirotecnico politico del fare poi borioso ducetto da punire al referendum che si era cucito addosso da solo.
Si arriva ai giorni nostri. «Salvini è un leader sempre stato tra la gente, con la gente». E poi: «S'è ritagliato il ruolo dei difensore degli interessi degli italiani nei confronti dei cattivoni di Bruxelles e non solo». Oggi, però, comincia ad arrancare: «Ripetitivo, rancoroso, anche fisicamente debilitato».
E il Conte bis? «Frutto di un'evoluzione repentina». Pd e 5stelle si sono detti la qualunque fino al giorno prima.
«Mai col partito di Bibbiano... Mai con i 5 stelle...». «Ma - scrive la Ghisleri - quando un politico usa l'avverbio mai i cittadini sanno che avverrà il contrario». E sarà la Ghisleri a misurarne il prezzo in termini di consenso.
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