Rodolfo Parietti
Passo falso isolato, o primo campanello d'allarme? Saranno i prossimi mesi a stabilire la vera natura del crollo pari al 3% subìto, lo scorso dicembre, dalla produzione industriale tedesca. Contano poco, al momento, le spiegazioni che tendono a ricondurre alle temperature particolarmente rigide, ai giorni lavorativi in meno e a un non meglio precisato «effetto Natale» quello che resta comunque il peggior risultato dal gennaio 2009. E che, senz'altro, ha contribuito a limare per uno 0,86% l'aumento del Pil 2016 (+1,9%).
Se la dote di crescita accumulata lo scorso anno dalla Germania è invidiabile, il 2017 si presenta non privo di insidie. A esserne consapevole è per primo lo stesso governo tedesco, secondo il quale lo sviluppo economico non andrà oltre un +1,4% soprattutto a causa delle minori esportazioni. Non basta insomma aver gonfio il portafoglio degli ordini industriali, come è successo in dicembre (+5,4%), per sentirsi al riparo. Con Donald Trump seduto sulla poltrona dello Studio Ovale, il mondo si è fatto più complicato per Berlino, che vede in pericolo il suo debordante surplus di 297 miliardi di dollari, di cui il 44% derivante dai commerci con gli Usa. Il protezionismo in salsa trumpiana è pura corrosione per i perfetti ingranaggi commerciali della Germania, peraltro favorita, proprio sotto il profilo dei cambi valutari, da quelle misure di allentamento quantitativo della Bce che da sempre detesta. Preoccupazioni che vengono a galla, in particolare, laddove il made in Germany è l'unica stella polare. Come tra i commercianti all'ingrosso della Bga, che temono di dover presto rottamare le previsioni di un aumento del 2,5% delle esportazioni. O come il capo della Bundesbank, Jens Weidmann: «La Germania è sempre di più nel mirino del governo americano: ciò è molto preoccupante».
La politica, invece, usa ancora toni sfumati, affidando a un comunicato congiunto con le lobby industriali e i sindacati il compito di ribadire che «l'impegno per un protezionismo politico ed economico è la strada sbagliata». Ma la ministra dell'Economia tedesca, Brigitte Zypries, la prende un po' alla larga con chi le chiede cosa farà Berlino se effettivamente il tycoon metterà in atto le misure promesse: «Allora si dovrà contrastare». Come, non lo dice. Angela Merkel è invece ancora nella fase dell'embrassons nous: «Come tedeschi ed europei, abbiamo un interesse innato in buone relazioni transatlantiche sulla base dei nostri valori comuni». Difficile che così abbia commosso Trump. Del resto, di questi tempi, forse perché già stressata dalla corsa elettorale, la Cancelliera sembra aver qualche problema di comunicazione.
Dopo aver sollevato un vespaio con le dichiarazioni sull'Europa a doppia velocità, ieri ha precisato il suo pensiero: «Non devono esserci club esclusivi, in cui altri Stati membri non possono entrare. L'Europa a più velocità già esiste». Non poteva dirlo prima?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.