Ecco perché Gentiloni insabbierà subito il dossier su Viale mazzini

Ecco perché Gentiloni insabbierà subito il dossier su Viale mazzini

Anche Fausto Bertinotti, l'uomo delle mille battaglie e delle tante sconfitte, ha già recitato il «requiem» per il governo Gentiloni. L'altra sera, ad una cena romana sotto l'albero, l'ex presidente della Camera era particolarmente adirato alla faccia del clima natalizio: non si può - diceva - sconfessare in questo modo il 60% degli italiani, è una tragica presa in giro che finirà per favorire ancor più i grillini e tutti coloro che cavalcano l'antipolitica. In effetti, l'esecutivo fotocopia è uno schiaffo a quelli che, solo dieci giorni fa, hanno detto no a Renzi e ai suoi ministri: che senso ha questa pantomima e perché mai il presidente Mattarella ha avallato un così triste spettacolo?

A ben vedere, su una sola cosa, però, il nuovo governo non è una fac-simile di quello precedente: a differenza del putto fiorentino, infatti, l'ultimo erede del patto Gentiloni ha sempre masticato di televisione di Stato. Prima come ministro delle Comunicazioni ai tempi di Prodi, poi, finita l'esperienza nella Margherita, lo ricordo seduto nella prima fila a destra della sala di Palazzo San Macuto per le audizioni della Commissione parlamentare di Vigilanza presieduta, allora, da Sergio Zavoli. Il neo premier era già giustamente ossessionato dal problema del pluralismo radiotelevisivo, un tema annoso che si è andato, poi, incancrenendo come ha ampiamente dimostrato l'«impar condicio» a favore del Sì dell'ultima campagna referendaria.

Il futuro presidente del Consiglio ha presentato addirittura due proposte di legge di riforma di tutto il sistema e della Rai che sono regolarmente finite in qualche soffitta del Parlamento. Non contento degli schiaffi radiotelevisivi, Gentiloni è stato anche presidente del Forum per la Comunicazione del Pd durante la segreteria di Bersani, senza lasciare grande traccia di sé.

Ora avrebbe finalmente l'occasione per prendersi una clamorosa rivincita con la Rai dopo i due insabbiamenti precedenti. Quale migliore chance, oggi che è seduto a Palazzo Chigi, per affrontare il gravissimo problema dell'informazione pubblica e ridare vitalità al cavallo morente di viale Mazzini? Se l'argomento era già di estrema attualità qualche anno fa, adesso lo è ancora di più. Ho, invece, il fondato sospetto che Gentiloni, pur avendo finalmente la possibilità di agire sull'emergenza Rai, insabbierà l'argomento, perché da una parte, tutto sommato, gli farà comodo poter contare su un'azienda pubblica al servizio del suo governo come lo è stata nei mille giorni di Renzi, e, dall'altra, avrà anche lui il vantaggio di una finta «par condicio» in vista delle prossime elezioni politiche.

A dispetto del «non c'è due senza tre», questa volta, dunque, non vedremo una nuova proposta di legge Gentiloni sulla Rai a meno che, e mi piacerebbe tanto, il premier smentisca seccamente quanto ho scritto agendo di conseguenza. La speranza è sempre l'ultima a morire e chissà se proprio chi appare così debole saprà muoversi, per una volta, nell'interesse di tutti e non di uno solo.

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