È preoccupante il giubilo con cui è stata accolta nela maggioranza la notizia che l'Italia avrà una fetta da 27 miliardi di euro del fondo Sure. Vere manifestazioni di trionfo, come se il Paese avesse vinto a un mega concorso del Superenalotto. La realtà è ben diversa: il fondo non è un regalo, ma nuovo debito pubblico (sia pure a un ottimo tasso di interesse) e non il «debito buono» di Mario Draghi, perché sarà usato per finanziare un «congelamento del lavoro»: vietato licenziare in cambio dell'indennità ai lavoratori.
Il tutto presentato come una ricetta per la felicità che accontenta tutti, ma è il contrario: ci perdono tutti. Qualche voce fuori dal coro, come il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, fa notare che «per noi imprese, restare ancorati all'idea della Cig, cioé tentare di congelare il lavoro dov'era e com'era, è in molti casi un errore profondo, perché ritarda le riorganizzazioni aziendali, i nuovi investimenti e le nuove assunzioni che pur son necessarie e a cui dobbiamo pensare». Anche perché prima o poi l'economia sussidiata dovrà fermarsi. «Più si protrae nel tempo i binomio cig per tutti- no licenziamenti più gli effetti di questo congelamento potrebbero essere pesanti, in termini sociali e per le imprese».
Ma, a guardare più nel dettaglio come funziona la cassa Covid, si scopre che non è un bengodi nemmeno per i lavoratori. La vulgata vuole che la cassa integrazione risarcisca al lavoratore l'80 dello stipendio mancato. «In realtà -spiega Gianluca Timpone, docente di Politica economica presso l'Università europea di Roma- i tetti massimi fissati riducono gli importi reali a una misura che, in media, non raggiunge in nessun caso l'80 per cento». Secondo i dati forniti dall'Inps ma poco pubblicizzati, a differenza di quelli falsi secondo cui il reddito di cittadinanza ha ridotto la povertà del 60 per cento, l'indennità Covid in media comporta una perdita del 36 per cento rispetto all'importo pieno dello stipendio. Ci sono categorie, sopratutto tra i lavoratori intellettuali, che arrivano a perdere 760 euro su uno stipendio di 1.900 euro, pari al 45 per cento. Solo le professioni non qualificate si avvicinano alla soglia teorica dell'80 per cento di rimborso, ma su importi decisamente più bassi: su stipendi medi di 940 euro si arriva a prendere un'indennità da 700, quindi circa il 75 per cento del salario.
Oltretutto, questi importi arrivano in ritardo di mesi, come è stato costretto ad ammettere lo stesso presidente dell'Inps Pasquale Tridico, dopo aver falsamente attestato che tutti gli aventi diritto erano stati pagati. L'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano ha diffuso un dato significativo: «Le retribuzioni hanno subito una perdita di 6,9 miliardi di euro». Certo, si sono salvati 3,7 milioni di lavoro e nella fase del lockdown era forse l'unica strada. Ma nei primi cinque mesi dell'anno sono anche crollate del 43 per cento le assunzioni da parte di privati. L'economista Claudio Negro ha calcolato che l'Italia spenderà per il sostegno ai redditi dei lavoratori circa 30 miliardi nel 2020. Dunque più dell'ammontare totale del fondo Sure, che oltretutto non viene reso disponibile tutto e subito.
«Trasformare i costi in consumi
anziché in investimenti -conclude Timpone- non serve a rilanciare un sistema produttivo ingessato e statico. Qualcuno lo ha detto agli Stati generali, ma si procede in senso opposto. A lungo andare la Cig avvelena l'economia».
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