Le eco trivelle di Cingolani per trovare gas: "Senza autonomia schiavi della Cina"

Il consulente del governo sull’energia spiega come trovare altri giacimenti. A Bracciano avviata la ricerca di litio. C’è il rischio che sia bloccata

Le eco trivelle di Cingolani per trovare gas: "Senza autonomia schiavi della Cina"

Durante il suo intervento programmatico il Presidente Meloni ha detto che «abbiamo il dovere di sfruttare i giacimenti di gas nei nostri mari». Una rivoluzione politica rispetto all'egemonia no Triv degli ultimi anni. E poco importa se Meloni o Salvini avessero invitato a votare contro lo «Sblocca Italia» di Renzi nel 2016: quel referendum non raggiunse il quorum, perché a mobilitarsi furono solo i governatori «notriv» del Pd. Ma la moratoria sulle trivelle è arrivata lo stesso, due anni dopo, con l'avvento dei grillini al governo. E nel frattempo è scoppiata una guerra. Durante l'ultima campagna elettorale, sfidando il populismo decrescista, il centrodestra si era unito nella promessa di aumentare la produzione nazionale. Ora che hanno vinto le elezioni, il governo ha confermato quelle intenzioni. Ma tecnicamente cosa farà? Ne abbiamo parlato con Roberto Cingolani, in una chiacchierata informale al rientro dal Lussemburgo.


La continuità è data dal passaggio di consegne del decreto sull'Energy Release che Cingolani aveva annunciato sullo scadere del governo Draghi, e su cui il governo Meloni ha deciso di metterci la firma. Con quel decreto verranno messi a disposizione delle aziende energivore italiane due miliardi di metri cubi di gas nazionale ad un prezzo particolarmente vantaggioso.
Per ottenere questo gas, che altrimenti gli operatori venderebbero sul mercato, li si autorizza nel frattempo a esplorare altre zone in cui ci sono già dei giacimenti attivi, arrivando a raddoppiare la produzione italiana fino a 5/6 miliardi di metri cubi nei prossimi due anni e mezzo. Per riaprire nuovi giacimenti invece va rivisto completamente il «Pitesai», che era fermo da un sacco di tempo sostituito dalle moratorie del governo Conte, ma comunque frutto di quella stagione.


Ma conviene oggi aprire nuovi pozzi in Italia, rispetto all'osservazione di avere giacimenti troppo frazionati, con poco gas e quindi poco remunerativi? I dati attuali in realtà sono relativi a ricerche effettuate venti anni fa. Ma ci sono cose che si possono fare abbastanza facilmente come il raddoppio della produzione da quelli già attivi. «Opere chirurgiche e non ciclopiche - dice Cingolani - ma va ricordato che i croati tirano su un sacco di gas da giacimenti che sarebbero anche nostri».


Cingolani è d'accordo con quanto ci ha raccontato il presidente di Federacciai Antonio Gozzi sulla capacità delle aziende italiane di lavorare alla cattura di co2: «Qualunque sistema di produzione di energia con carbon Capture dimezza la co2, i norvegesi questa cosa la fanno normalmente». In Italia invece i passati governi hanno fermato questa opzione, ma anche questa scelta è frutto solo di una decisione politica. «Tecnicamente si può fare, è utile, e se adesso ci sono linee diverse vanno esplorate». Ma purtroppo anche se finalmente il governo ha una linea politica diversa, trova ancora forti avversità dovute alle ritrosie nimby degli enti locali, come avvenuto su rigassificatore, tap e pale eoliche.


Ad esempio oggi a Bracciano è stata avviata la ricerca del Litio, che è fondamentale per l'accumulo dell'energia se abbiamo deciso (ciecamente) di elettrificare tutto. Ma anche lì bisogna trivellare, e se gli enti bloccano diventeremo schiavi della Cina. Anche di questo ha parlato il Presidente Meloni nel suo discorso quando ha fatto cenno alla neutralità tecnologica. Cingolani ha più volte ricordato anche durante il governo Draghi che «siamo secondi al mondo nella produzione di carburanti sintetici, gli altri non ce l'hanno e cercano di impedirci di sfruttarla costringendoci all'abbandono totale dei veicoli a combustione, ma noi dobbiamo insistere perché un motore a carburante sintetico decarbonizza più dell'elettrico».


L'idrogeno infine è un buon vettore, ma «se costa 7 euro al chilo quello verde è lontano da qualunque possibilità di esercizio reale. L'idrogeno grigio può costare molto meno ma devi aprire alla possibilità di carbon capture».

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