Elezioni anticipate: lo "scherzetto" di Renzi per far fuori i nemici

Il premier si sente forte di un consenso al 44% e avverte i frenatori delle riforme

Elezioni anticipate: lo "scherzetto" di Renzi per far fuori i nemici

Quarantaquattro per cento, il conto è già fatto. «Quando hai la forza di milioni di italiani che ci vogliono votare - dice Matteo Renzi - significa che nessun ostacolo potrà mai fermarci».

Quarantaquattro non è la maggioranza assoluta, ma insomma, poco ci manca. «Secondo i nostri calcoli, andando alle urne con il Consultellum, oggi arriveremmo al 43-44, che non è il 51, però ci consentirebbe, prima di tutto, di avere i gruppi parlamentari dalla nostra parte». Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera, è uno che di numeri e regolamenti se intende. E, vista la sua vicinanza al premier, c'è da prenderlo molto sul serio, soprattutto quando dal Consultellum, il sistema rimasto in piedi dopo che la Corte Costituzionale ha bocciato il Porcellum, passa a ipotizzare un ritorno al vecchio Mattarellum. Tre quarti di maggioritario, un quarto di proporzionale e un trionfo assicurato per il Pd: Forza Italia, o una coalizione di centrodestra, riuscirebbero a prevalere in ben pochi collegi.

Sembrava solo un ballon d'essai , una forma di pressione nei confronti dei «frenatori». Invece, con il passare dei giorni e con la crescita delle difficoltà in Senato, l'idea di tornare davvero alle urne sta prendendo corpo. È lo stesso Renzi a confermarlo: «Non c'è ostacolo che possa fermarci. Possono rallentarci ma non bloccarci». Il presidente del Consiglio dice di «non impiccarsi a una data», però se la riforma di Palazzo Madama dovesse slittare in autunno, salterebbe tutto il programma dei mille giorni.

Da qui la scelta di fare il muso duro, non solo con i dissidenti interni, ma pure con l'alleato Forza Italia. Ufficialmente il piano B non esiste, Matteo snobba i dissensi e minimizza la valanga degli emendamenti. «Quest'estate lavoreranno in tanti, dai senatori in poi. Io non ho problemi, tanto non vado in vacanza. Potranno fermare l'iter, potranno combinare qualche scherzetto, magari con il voto segreto. Si accomodino, tanto poi andremo alla Camera e rimettiamo le cose a posto». E l'autoritarismo non c'entra: «Noi non siamo contro i corpi intermedi, ma contro i corpi morti intermedi».

In realtà Renzi mette sul tavolo la sua pistola fumante. «Qui non molla nessuno - avverte da Bergamo, dove è andato a inaugurare l'autostrada Brebemi -. Quando hai milioni d'italiani che di danno forza e ti dicono “anche se mi sei simpatico ti voto”, vuol dire che nessun ostacolo di potrà fermare. Faremo le riforme, porteremo in porto il nostro programma e l'Italia sarà il Paese leader dell'Europa». I sondaggi vedono infatti il Pd ancora in crescita. «Ogni giorno di ostruzionismo è un punto in più per noi».

Dunque, o riforme o voto. O vi arrendete o vi asfalto. Tocca ancora a Giachetti dare una veste concreta alla minaccia del premier. «Ricordo a tutti frenatori del cambiamento - scrive su Facebook - anche in casa Pd, che una maggioranza in Parlamento per una legge diversa dall'Italicum esiste». Si tratta, appunto, del Mattarellum. «Visti i chiari di luna - insiste - e l'azione concentrica contro ogni tentativo di riforma, la cosa migliore è tornare al voto popolare. E per il Mattarellum basta un mese. Poi, la parola agli italiani».

Anche un altro fedelissimo del capo, Piero Fassino, la pensa così. «Il premier fa benissimo a dimostrare di non aver paura di tornare a votare, questo esecutivo ha senso se fa le riforme, non se temporeggia. Governare è come andare in bicicletta, si va avanti solo se si fanno le cose e, a differenza del passato, Matteo è l'unico ad avere i pedali».

Il leader della minoranza interna Matteo Orfini lancia un avviso finale ai naviganti: «Questa legislatura è legata alle materie istituzionali. O si fanno le riforme, o si va a votare». Così, l'ultimo a sostenere che si tratti di un bluff, è Pier Luigi Bersani: «Il voto anticipato? Sono cose che si dicono tanto per dire...»,

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