Guai a pronunciare la parola «dimissioni» all'Eliseo. Mai farlo pubblicamente. Anche solo in via ipotetica. Neppure dopo la sonora batosta presa dalla compagine del presidente al primo turno. Terza, senza appello.
Ma se è un decano del giornalismo politico francese come Alain Duhamel a farlo, conoscitore senza pari dei corridoi della politica d'Oltralpe, significa che il vaso di Pandora è stato aperto. Che il genio è uscito dalla Lampada. E come il dentifricio dal tubetto rimetterlo dentro è impossibile. Mentre ieri andavano in scena le trattative sulla desistenza in chiave anti-Le Pen, e viceversa le manovre d'allargamento di una destra che fiuta il potere ed è dunque disposta a scendere a patti su qualche tema e collegio, Macron tracciava infatti la rotta della sua ultima trincea; ostacolare in ogni modo la tuttora possibile maggioranza assoluta del Rn. Meglio il caos, in sintesi; l'ingovernabilità, in fondo per un solo anno, quando potrà di nuovo sciogliere l'Assemblée.
Il presidente francese spera in una maggioranza solo relativa della gauche allargata a pochi dei suoi. Il premier uscente Attal già ci lavora e l'ha ribattezzata «Assemblea plurale». Ma se nessuna maggioranza convalidasse questa sorta di governo di transizione, a quel punto Macron potrebbe davvero procedere alle dimissioni e andare a nuove elezioni presidenziali. Senza un'alternativa pronta all'orizzonte, ha chiesto intanto ai suoi di stringere patti perfino con chi nei 7 anni ha fomentato assalti all'Eliseo.
Poi si vedrà. Perché il risultato, se di portata tale da rendere Bardella una sorta di «liberatore», potrebbe spingerlo anche in quel caso a lasciare. Non sarebbe obbligato. Sta a lui la decisione finale. O accettare la coabitazione più difficile della storia della V Repubblica.
Se la «diga» anti-destra regge, potrebbe anche trovare una personalità per formare un governo tecnico; condannando di fatto l'Esagono all'immobilismo. Esperti, economisti, alti funzionari. Dedito all'ordinaria amministrazione, al pagamento degli stipendi e poco altro. Una prima francese. Ma insomma come si sta muovendo il presidente? Se lo chiedono in molti. Solitaria, cinica e senza troppe alternative appare la strategia. Primo: screditare un potenziale governo Bardella. Fare di tutto per non farlo nascere. E se anche il Rassemblement national dovesse avere la maggioranza assoluta, prevenire che il 28enne possa assestare il colpo finale al suo progetto di un centro liberale, impedendogli di lasciarlo governare in pace. Dal suo entourage, dopo i retroscena che parlavano di nomine pronte a raffica per ostacolare il potenziale nuovo corso lepenista, dicono che tutto era previsto da tempo.
Ma quella di Macron è ormai una presidenza ammaccata dall'interno. I «suoi» moderati di centrodestra non l'hanno seguito nelle desistenze a sinistra, criticando i repentini cambi di approccio alla sinistra; prima era estrema, al pari della destra. Ora va bene. Attal ieri è tornato in campo pubblicamente, quasi a voler far dimenticare ai francesi che Macron è ancora lì: lo stesso che hanno contestato a più riprese. A Palazzo, taciturno alla finestra, mentre in realtà opera nell'ombra disseminare «mine» fra Stato e deep state.
Tra ripetute smentite di dimissioni, in una disperata difesa dello status quo; di quella piramidale gestione del potere più propria delle start-up americane che della Répubique in cui comunque dovrà proporre al N.1 del partito che ha ottenuto più seggi di formare un governo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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