
Quasi sicuramente - ma il referto dell'autopsia in questo caso sarà quanto mai illuminante - è stato strangolato dal ladro che ha sorpreso dopo che si era introdotto di nascosto nell'abitazione in cui stava lavorando. La vittima si chiama Angelito Acob Manansala, è un domestico filippino di 61 anni e sarebbe stato ucciso il pomeriggio della domenica di Pasqua in una villetta liberty su tre piani di via Giovanni Randaccio 8, una delle tante strade poco conosciute ma decisamente «ben abitate» della Milano che conta, a due passi dall'Arco dalla Pace e da corso Sempione. A trovare il cadavere del domestico, mentre rientrava a casa intorno alle 18 dopo una settimana di ferie, è stato proprio il padrone di casa e datore di lavoro dell'uomo, un imprenditore 52enne esponente di spicco della comunità ebraica meneghina e di un'istituzione legata allo Stato di Israele che raccoglie fondi in tutto il mondo per il suo Paese. Come racconterà lui stesso ai poliziotti, subito dopo aver varcato la soglia dell'ingresso al piano rialzato dell'abitazione si è trovato davanti il domestico esanime, steso a terra; contemporaneamente ha notato lo sconosciuto che rovistava nelle stanze. Così è uscito in tutta fretta da casa e ha richiuso la porta dietro di sé a chiave, mentre avvertiva telefonicamente il 112. Sul posto arrivano le pattuglie della questura, l'imprenditore sta aspettando sul marciapiede all'angolo tra via Randaccio e via Massena e spiega agli agenti quel che è accaduto. Quando la polizia entra nell'abitazione viene aggredita subito dall'intruso: per immobilizzarlo, un ispettore delle «volanti» è costretto a usare il taser. Il ladro e presunto omicida è il gambiano Dawda Bandeh, 28 anni, un «quasi» incensurato (ha un solo precedente per guida in stato di ebbrezza che risale a qualche anno fa), regolarmente residente nel Comasco. Subito dopo il colpo ricevuto con la pistola elettrica viene accompagnato al pronto soccorso dell'ospedale Fatebenefratelli per un controllo e una volta lì per lui il pm di turno, Andrea Zanoncelli, dispone un fermo per omicidio, quindi lo fa trasferire a San Vittore, in attesa dell'udienza di convalida.
Piange il padrone di casa e piangono la sua compagna e il cognato che arrivano in via Randaccio qualche ora più tardi alla notizia della morte del povero filippino. Mentre la Scientifica procede con un sopralluogo minuzioso dentro e fuori casa, il 52enne tenta di ricostruire con la polizia quel che potrebbe essere accaduto prima del suo arrivo.
Manansala è solo in casa quando sorprende il ladro che è entrato dopo aver scavalcato il muretto di cinta alto circa due metri che protegge il perimetro esterno della dimora signorile (e come confermerebbero anche i filmati estrapolati dalle telecamere di sicurezza) ma ancora non è chiaro come Bandeh sia riuscito a entrare dentro l'abitazione, se abbia forzato una porta o una finestra. Non si sa inoltre se tra il domestico e il gambiano ci sia stata una colluttazione o se il ladro abbia sopraffatto subito il filippino.
L'esame autoptico chiarirà anche quanto tempo è passato tra l'omicidio e il rientro a casa dell'imprenditore e di conseguenza stabilirà quanto a lungo l'assassino sia rimasto in casa insieme a quello che era ormai purtroppo solo un cadavere.
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