Roma«Il punto cruciale della vicenda de Magistris-Genchi è la privatizzazione del business delle intercettazioni e dell'analisi dei tabulati. Perché affidarle a un consulente e non, per dire, al Ros o alla postale?». Quando esplose l'inchiesta Why Not , Francesco Rutelli era vicepremier del governo Prodi. Tra i tabulati di parlamentari acquisiti illecitamente, e che hanno portato alla condanna dell'ex pm e del suo consulente informatico, c'era anche il suo. «Mai avuto nulla da nascondere - attacca il leader di Api - ma la domanda centrale è: perché incarichi per milioni di euro a un consulente privato?».
Ecco, perché?
«Secondo me, nel caso di Genchi è emersa una doppia finalità. Creare un archivio che lo rendesse appetibile per alcune procure, una sorta di portafoglio di milioni di informazioni. E usare mediaticamente il materiale ricavato dal lavoro commissionato e profumatamente pagato da quelle procure, che veniva rapidamente girato ad alcuni giornali. Ecco, per me è importante che si sia interrotta questa dinamica che sembrava inarrestabile, arginando l'idea che si possano privatizzare banche dati sensibili, create per interessi specifici».
Travaglio li difende: leciti l'archivio e le acquisizioni dei tabulati, non potevano sapere a chi quelle utenze erano intestate.
«Per Travaglio difendere De Magistris vuol dire difendere un metodo investigativo spregiudicato che non ha retto alla prova dei fatti. E difendendo Genchi, difende una sua preziosa fonte di informazioni, che tra l'altro non avrebbero dovuto essere pubblicate. Peraltro, Travaglio dice che sono tabulati e non intercettazioni, come se fossero meno importanti. Ma i tabulati sono significativi e potenti, tracciano una persona e le sue relazioni nell'arco di mesi o anni. Travaglio dice anche che l'archivio era lecito, ma sbaglia. È lecito incrociare dati se l'incarico ricevuto dal pm è mirato, non indiscriminato come qui. Questo archivio era un apparato mediatico-politico-sociologico: basta vedere la raffica di interviste concesse da Genchi su materiali acquisiti come perito. Quanto all'intestazione delle utenze, sapevano bene di chi erano».
Come fa a dirlo?
«Parliamo di acquisizioni di tabulati di utenze ricavate da rubriche telefoniche, quindi utenze collegate a nomi e cognomi. È mancata la buona fede. Infatti c'è condanna in primo grado perché i giudici hanno ritenuto che non ci fosse negligenza, ma un comportamento illecito».
Lei ha seguito il caso anche da presidente del Copasir.
«Dopo aver letto e sentito che de Magistris e Genchi erano stati fermati nelle loro inchieste per aver messo le mani sulle connessioni tra intelligence , criminalità organizzata, massoneria e corruzione politica, li abbiamo ascoltati per capire che informazioni avessero. Quello che emerse fu zero. A parte l'ampiezza dell'acquisizione dei dati e il loro incrocio. Genchi non è stato solo un fornitore di informazioni e un creatore di scenari suggestivi per le procure che lo ingaggiavano, ma anche per alcuni giornali, permettendo la diffusione indiscriminata che associava persone indagate a non indagate, che scoprivano a mezzo stampa d'essere finite in questa enorme ragnatela di informazioni».
Archivio o dossieraggio?
«O spionaggio? Se figlie e moglie d'un ex capo dell' intelligence italiana sono state tracciate per oltre due anni, come lo qualifichiamo? Il tabulato contiene dati sensibili che è significativo acquisire se indaghi su un delitto, non su un minestrone, e per di più se sei un privato, foraggiato dallo Stato, che dichiaratamente, poi, queste informazioni le conserva per sé. È grave.
Accumulo dati, li incrocio, cedo a questo o a quello notizie prelibate. E l'interesse non solo giudiziario ma giornalistico è provato proprio da quanti oggi si affannano a difendere questa procedura. Che per fortuna, mi auguro, è finita».
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